mercoledì 29 luglio 2009

Ricordi senza frontiere

Concierto Intimo. Concerto sulle tracce del Sudamerica. Il Sudamerica quasi arcaico. Ma anche il Sudamerica dei giorni appena passati: giorni di lotta dura e di sangue, soprattutto. Giorni vissuti intensamente, nel terrore e nella speranza. E, infine, nel Sudamerica di sempre: che ha rivendicato terra e libertà, oppure la semplice dignità nazionale. E che ancora rivendica: una visibilità vera, un posto al tavolo della concertazione globale. Concierto Intimo. Ma intimo perché? Perché, se poi gli spartiti dirottano verso il Messsico e verso Cuba, affettivimante vicini, ma geograficamente più distanti? E se poi la musica plana sulle coste dell’Europa? Concierto Intimo, allora, è davvero un modo per seminascondere la matrice di un’idea? Quella, cioè, di ripercorrere gli anni più avvelenati e il percorso più faticoso ed esaltante degli Inti Illimani, gruppo di culto di una generazione intera e simbolo tra i simboli di un’epoca? Sì, verrebbe da dire di sì. Perché, sul palco delle Cave di Fantiano, a Grottaglie, singolare teatro all’aperto recentemente recuperato (concerti o no, è consigliabile la visita) e scelto dalla locale amministrazione comunale per accogliere le tre date della rassegna Musica Mundi, con gli Acanto – formazione italianissima – ci sono il chitarrista cileno Raul Céspedes e, innanzi tutto, Max Berrú Carrión, uno dei fondatori di quella formazione ormai transitata nella leggenda della musica del secolo passato. Del resto, quelle prime quattro lettere di Intimo, coincidono perfettamente con le prime quattro di quella parola un po’ magica, Inti Illimani. Utili, chissà, a risvegliare gli animi di certi nostalgici che ancora possiedono la forza di muoversi, riunirsi ed ascoltare. E sperare, perché no. Adesso più di prima: proprio quando gli Inti Illimani – l’ensemble che continua a trascinarsi il nome del progetto originario e il senso della storia - hanno già inaugurato un percorso differente. O meglio: più vicino alle origini, ovvero alla musica popolare latinoamericana. Con una produzione nuova, sgravata da certe ombre di avant’ieri.
Intimo ed Inti Illimani: ecco, sembra tutto chiaro. Eppure, Concierto Intimo sembra solo gravitare attorno agli Inti Illimani e a quelle ombre di avant’ieri. E’ vero, c’è il pretesto: Max Berrú, appunto. E c’è anche un certo prurito, perché negarlo. Anche perché molta di quella gente seduta in platea non attende che certe quarantennali note. Quelle note di un’epoca. Di una generazione. Ma Concierto Intimo cerca di scavalcare la barriera. Di sganciarsi da quella palpabile sensazione di attesa. Da quel marchio di fabbrica che, consapevolmente oppure no, si è incollato addosso. Ecco perché l’approccio dell’esibizione circumnaviga i titoli delle canzoni più amate. E la scaletta viaggia, come si diceva, dal Messico di “Nuestro México Feverero ‘23”, un inno che celebra la vittora di Panza sulle forze statunitensi e una storia cancellata dalla storia, e di “La Petenera” ai ritmi caraibici come la sfruttatissima “Guantanamera”; dalle composizioni dell’indimenticabile Victor Jara al duplice ed apprezzabile omaggio (la felicissima versione di “Dolcenera” e “Andrea”) a Fabrizio De Andrè; dalla rivisitazione molto rispettosa di “Pe’ Dispietto”, della Nuova Compagnia di Canto Popolare, alla riscoperta di motivi colombiani e peruviani. Lasciando, peraltro, lo spazio per un brano originale, “Apeninas” di Giancarlo Odoardi, pluristrumentista di lunga navigazione, e per le intillimaniane “Rin del Angelito” (atto dovuto alle qualità compositive di Violeta Parra), “Simón Bolívar” e “Alturas”. Come a dire: ritroviamo lo spirito di quegli anni, di quel gruppo, di quegli Inti Illimani. Ma sappiamo fare anche altro. E cerchiamo di abbracciare la terra latinoamericana per intera. Anzi, il mondo. Intimo sì: ma il Concierto azzera le frontiere e respira profondamente.
«Vengo dal Cile e porto il saluto dei cileni e della democrazia, faticosamente riconquistata», dice Max Berrú. «Quella democrazia che si è allargata in tutto il continente». E’ l’unico tributo del leader al ricordo. Prima e dopo, solo note ricostruite con maniacale fedeltà (talvolta, sembra di riascoltare i vecchi vinili) e un’ambientazione curata nei particolari. Gli Acanto, i sei componenti della formazione che accompagna i guest Céspedes e Berrú, ruotano attorno agli strumenti e si esprimono in uno spagnolo convincente: merce rara, in tempi di globalizzazione spicciola e di superficialità sovrana. Alla fine, però, devono pur cedere alle pressioni del pubblico che aspetta e che ancora non si è completamente riscaldato. Dopo gli applausi di fine concerto, arrivano i bis, come un treno. Il treno del passato, mai dimenticato. “Fiesta de San Benito”, “Canción del Poder Popular” e “El Pueblo Unido Jamás Será Vencido”: sì, ci siamo. Siamo al punto in cui saremmo dovuti arrivare. In cui sapevamo di dover arrivare. Parte, timidamente, anche il pugno sinistro di Max Berrú e qualcuno chiede – inutilmente – gli accordi immortali di “Hasta Siempre, Comandante”. Sarà per un’altra volta, magari. L’atmosfera si è infervorata, proprio sui titoli di coda. Ma la gente defluisce contenta. Soddisfatta da due ore lontane dagli schemi. E appagata: in fondo, molti erano lì per un solo motivo.

Max Berrú Carrión (voce e congas), Raul Céspedes (chitarre) & Acanto (Riccardo Iacobone: voce e chitarra; Pietro D’Antonio: flauto, chitarre e voce; Giancarlo Odoardi: chitarra, fisarmonica e percussioni e voce; Normando Marcolongo: basso, contrabbasso e voce; Giuliano Angelozzi: flauti, chitarre, percussioni e voce; Luca Bellisario: batteria, percusioni e voce) in “Concierto INTImo”

Grottaglie (TA), Cave di Fantiano
Musica Mundi 2009

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)