mercoledì 15 luglio 2009

L'anima latina di Mordente

Caetano Veloso, ormai, è un riferimento musicale un po’ abusato. Merito dell’avvenuta internazionalizzazione dell’artista e, soprattutto, di un linguaggio sonoro ampiamente digeribile: negli States e, ovviamente, anche in Europa. Perché la moda e la globalizzazione, da sempre, passano prima da quelle contrade e, succesivamente, da queste parti. Di più: le sonorità e, più in generale, il songbook di uno dei padri del Tropicalismo (con lui Gilberto Gil, Torquato Neto e qualcun altro) posono essere tranquillamente riconvertiti ad un pubblico eterogeneo. Senza avvertire imbarazzo o il pericolo di fallire l’approccio con la platea. E un interprete – un interprete brasiliano che vive in Italia – queste cose le sa. Le sa bene. Le composizioni del cantautore baiano, del resto, erano e rimangono assai stimolanti: anche e soprattutto per un artista sudamericano che si appropria del piacere di omaggiarne il percorso artistico.
Rosa Emília, pure lei baiana ma residente a Venezia, voce dal pedigrée già ben definito e assai apprezzata dagli appassionati del genere di casa nostra, sceglie così un itinerario sicuro, garantito all’origine. E, al secondo appuntamento di Jazz à la Cruz, intinge la propria esibizione in una quindicina di pezzi più o meno conosciuti al grande pubblico. Rivestendoli con versioni sufficientemente fedeli, eppure personalizzate. “O Samba e o Tango”, “Cajuína”, “Sampa”, “Qualquer Coisa”, “Trilhos Urbanos”, “Trem das Cores”, “Eclipse Oculto” e qualche altro titolo saccheggiano qua e là una carriera ormai quarantennale, senza seguire un disegno prestabilito. Né un percorso temporale. Rosa Emília canta quel che le va, puntando ai successi universalmente accreditati. E, generalmente, scegliendo testi gravidi di charme e, talvolta, socialmente robusti (come “Recado”, tratto dall’album Fine Estampa, rivisatazione velosiana di una composizione in lingua spagnola degli anni venti, o come “Haiti”).
«Caetano – spiega Rosa Emília – non ha mai nascosto di cogliere le sfumature culturali e sociali del proprio Paese, disegnandosi un percorso eclettico. Per questo è, in Brasile, tra gli autori più amati. Per questo mi piace riproporlo». In Puglia («qui sembra di essere più vicini alla mia terra: è una questione di colori, è una questione di luce. Sì, questa luce mi ricorda un po’ il Brasile», dice) si fa accompagnare da una formazione indigena (il batterista Accardi, padrone di casa; il contrabbassista Vendola, il chitarrista De Giosa e il pianista Andrioli, rientrato temporaneamente da Bruxelles) che, con ironia e persino un po’ di orgoglio, si è autoribattezzata Caetanear (testualmente, significa “caetanizzare”, termine storicizzato da “Siná”, fortunatissima composizione di Djavan, tradotta anche in inglese dai Manhattan Transfert negli anni ottanta). E, ovviamente, di fronte a quattro jazzisti, gli spartiti oroverde finiscono per impastarsi di jazz. Poco male. Anzi, bene. Del resto, Caetano è personaggio assai duttile, assai attratto dalla contaminazione. Come duttile è la voce di Rosa Emília, che sa enfatizzare i dettagli e giocare sugli accordi, dedicandosi un’interpretazione libera da ogni vincolo di imitazione. Anche quando chiude il concerto, prima del bis, abbandonandosi alle note di un’altra composizione di lingua spagnola, quella “Cucurucucu Paloma” recentemente impiegata (e, dunque rivalutata) da Almodóvar come colonna sonora di una sua pellicola.
A proposito di lingua spagnola. A proposito di donne. E a proposito di Jazz à la Cruz, la rassegna creata dall’Associazione “Mordente” che possiede una breve ramificazione, cioè Jazz à la Vedette (cambia la location e pure la città: da Polignano si passa temporaneamente a Giovinazzo). Appena tre giorni dopo scende in Terra di Bari Eva Cortés, honduregna di nascita, sivigliana di cuore e madrilena di residenza, punto di riferimento di un quartetto che si avvale del contributo del pianista Remi De Cormeille, del contrabbassista aragonese Tonio Miguel e del già citato Fabio Accardi. Esile, garbata e profondamente castigliana nella pronuncia, la ragazza ama la Francia e apre un paio di parentesi sulla canzone francese, ma fondamentalmente presenta il suo secondo lavoro discografico, “Como el Agua Entre los Dedos” (“Come l’Acqua tra le Dita”). Album, questo, dalle sonorità calde: che l’esibizione dal vivo, di gusto dichiaratamente jazzistico (la formazione, del resto, è diversa da quella che ha cooperato in sala d’incisione), tende peraltro a raffreddare. Al di là di tutto, sulla Terrazza della Vedetta, attico che sorveglia il porto, domina il centro storico e sembra quasi abbracciare il mare, Eva cavalca il pop, ma dimostra di conoscere i tempi e le abitudini del jazz, che poi è il suo campo d’azione. Puntando sapientemente sulla modulazione della voce, com’è giusto, e sulla simpatia naturale. E in attesa di lasciare il palcoscenico ad un'altra signora della canzone, l’italianissima Paola Arnesano, padrona del palcoscenico nell’ultima e imminente tappa del cartellone.

Rosa Emília (voce), Nico Andrioli (piano), Francesco De Giosa (chitarra), Giorgio Vendola (contrabbasso) & Fabio Accardi (batteria)
Casello Cavuzzi di Polignano a Mare (BA), Masseria Crocifisso
Jazz à la Cruz
11.07.2009

Eva Cortés (voce), Remi De Cormeille (piano), Tonio Miguel (contrabbasso) & Fabio Accardi (batteria)
Giovinazzo (BA), Terrazza della Vedetta
Jazz à la Vedetta
14.07.2009

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)