sabato 30 giugno 2007

Chiara Civello, intimamente

Garbo, sobrietà. E approcci morbidi. Con gli accordi, con l’universo musicale, con la gente. E poi note misurate e tenere. Molto intime. Voce gentile e bella presenza: Chiara Civello si predispone bene, con grazia. Giacca bianca su un completo rosso tenue, viso pulito di una semplicità espressiva. Cattura. E apre l’edizione numero tre del Locus Festival, nell’ormai angusta Piazza Rodio, insufficiente ad ospitare gli appuntamenti di una manifestazione ben reclamizzata (da Bass Culture) e legittimamente appetibile. Anche e soprattutto per lo spessore artistico degli altri ospiti chiamati ad integrare, sino al trenta luglio, il suo cartellone (tra questi, vale ricordarlo, anche Franco Battiato, oltre a Paolo Fresu, alla capoverdiana Lura e a Gianluca Petrella). Ma anche per la capacità di offrire, anno dopo anno, percorsi musicali ben delineati.La ragazza romana, cresciuta negli States, è un’autrice che scalpita e intriga. Per come affronta il palcoscenico e per come si offre. Senza aggredire. Cioè, con raffinatezza. E con una naturalezza che ci è sembrata non preconfezionata, non artificiale. Piano e voce, inseguendo il cliché più nobile della canzone d’autore. Ma anche chitarra, studiata in passato e abbandonata, ma recuperata in tempo nel deserto dell’isola di Stromboli, malgrado l’intenzione originaria di riposarsi. Un’intenzione, peraltro, tradita dopo tre giorni di relax. «La chitarra che, in Sicilia, è diventata presto la compagna di soggiorno. Anzi, il simbolo del mio nuovo disco, “The Space between”, appena confezionato, che esce il 21 settembre». Sussurri, una scorta di delicatezza, tonalità che non nascondono le buone frequentazioni sonore (Chiara si è nutrita e ancora si nutre di bosse nova: si sente, si vede). Canta in inglese, in italiano, in portoghese (con pronuncia affidabilissima, garantiamo) e anche in francese. Ha ritrovato il proprio Paese da un anno o poco meno, dopo i dodici spesi oltre confine, in cui sembra aver trovato forma e sostanza: il cosmopolitismo le è concesso. La sua musica è elaborata con gusto e si lascia impastare da una malinconia sottile, che evapora lieve, che non opprime. Non è propriamente bossa, ma le si avvicina, ammiccante: la chitarra, ancora prima del piano, non mente. E non mentono neppure i testi. E’ musica da ascoltare, mai scomposta. «Immediata - suggerisce lei - . Nel mio primo lavoro discografico, ma anche in quello imminente, ho scelto di raccontare i miei momenti, quelli vissuti più recentemente. L’album che ho appena preparato, però, parla innanzi tutto degli spazi. Gli spazi tra le note, gli spazi tra un incontro e un altro». Chiara Civello, ventisei anni, possiede uno stile e non lo abbandona. Perché la canzone d’autore è (deve essere) anche innervata di stile. Distribuisce atmosfera, sempre e comunque. E, appena può, cerca alleanze artistiche, attingendo dal repertorio di Jobim, Armstrong e Bruno Martino. Somministrando, tuttavia, una personalità propria. E baganando felicemente il primo concerto personale in terra di Puglia, dove pure vanta origini non troppo lontane, da parte di madre (Martina Franca). E dove, in fondo, è bello averla incontrata. Con tutta la sua sensibilità. Con tutto il suo swing.

Chiara Civello (voce, pianoforte e chitarra)
Locorotondo (BA), Piazza Rodio
Locus Festival 2007

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)