martedì 12 giugno 2007

Di tutto, di più. In libertà

Niente balcanismi, questa volta. Chi li attendeva o pretendeva, non è ripagato. Il progetto Zina (o meglio, il nuovo progetto Zina), che è poi uno dei ramificanti progetti di Cesare dell’Anna, è – invece – parte di tutto e, chissà, anche di più. E’, cioè, pop arabeggiante (la voce del gruppo è, non a caso, tunisina), rock addolcito dai fiati e dai ritagli di etnica, rock esuberante di molta elettronica (anche troppa, forse): e dimentichiamo sicuramente qualcosa. Ad esempio, qualche venatura di latin jazz e qualche accenno di rap. Insomma, è world music: termine utile per definire il non facilmente classificabile. Quello che è scomodo etichettare: perché l’etichetta scolorisce, evapora. Lasciando sensazioni senza nome, molto spesso. Niente balcanismi, no. Ma un caleidoscopio di colori ed intenzioni. Un contenitore di suoni (anche tosti, “sparati”) che si aggrappa ad un unico filo conduttore: la musica, punto di riferimento sovrano in mezzo all’anarchia delle note. Zina è un gruppo salentino che orbita oltre i confini geografici, oltre le frontiere sonore, senza bavagli, senza misteri. E senza schemi. Tutto o quasi viene centrifugato, digerito e ridistribuito con nonchalance, liberamente. L’orchestra acquista forza dall’impatto sonoro che genera e dalla personalità errante della sua stessa idea. Che non possiede limiti geografici, culturali e musicali. Il sound è ricco e moderno, volubile, spazioso: in cui la prima tromba, quella di Cesare Dell’Anna, può navigare, scorazzare, interferire, divagare, improvvisare, impartire il percorso, assecondare il ritmo, rilanciare. Senza essere accentratrice. Almeno, non in questa occasione. Il live, preparato da Rodolfo Renna, vecchio amico dei palcoscenici di casa nostra, e presentato ad Avetrana (Piazza Giovanni XXIII, nel quadro dei festeggiamenti per la ricorrenza di Sant’Antonio da Padova), è di difficile catalogazione, ma vitale e corposissimo. Sfrenato, anche. Dove certi sud del mondo si incontrano e incontrano altre esperienze, altre latitudini. Confrontandosi, evolvendosi. Certo, l’apporto delle basi elettroniche è – soprattutto in coda al concerto – esiziale, inarrestato. Oseremmo dire, anche un po’ esagerato, perché aggressivo. Tanto da togliere qualcosa alla verve e alla tecnica dei protagonisti (Dell’Anna a parte, Davide Arena è un ottimo musicista e il resto della band conosce i tempi e sa affrontare la platea). Condizionando il cliché dell’intero programma, che talvolta si svela ripetitivo. E che non rinuncia a caricare i toni, appena può. Dicevamo: di tutto e di più, in libertà. Quella libertà di espressione attorno alla quale l’evoluzione artistica del trombettista leccese, da diverso tempo, sta circumnavigando, aprendo nuovi sentieri e allacciando nuove collaborazioni (anche un altro suo progetto, quello legato al nome degli Opa Cupa, sta valutando nuove soluzioni sonore). Rispondendo all’animo nomade e istrionico dell’ispiratore e del caudillo di un’espressione musicale alternativa, forse un po’ trasgressiva, inconsueta, colorata. Uno di quegli interpreti che vivono meglio misurandosi continuamente: con la musica, con gli intrecci, con se stesso, con il mondo che galoppa, con la progettualità, con la varia umanità che scavalca gli ostacoli disseminati sulla strada dell‘integrazione e dell’interazione. E, infine, con la notte. Quella porzione di vita che misura e decodifica la lista delle sfide.

Zina
Avetrana (TA), Piazza Giovanni XXIII
Festeggiamenti di Sant’Antonio da Padova

(pubblicato sul sito http://www.levignepiene.com/)