giovedì 7 giugno 2007

E, trent'anni dopo, l'Apogeo

Trent’anni di Perigeo e della sua storia non avrebbero potuto dissolversi così, impunemente. Quel progetto targato Giovanni Tommaso, del resto, è riuscito a segnare il sentiero intrapreso dal jazz italiano, curioso di approcciarsi a sonorità più moderne, più avanzate. E poi trent’anni, in ogni caso, rappresentano una dote importante, una porzione di tempo liofilizzata in un impegno che non andrebbe dilapidato, mai. Trent’anni dopo, allora, arriva l’Apogeo. E c’è ancora, dietro e davanti le quinte, Giovanni Tommaso, contrabbassista di culto e di militanza corazzata, ma anche di solido palmarès e di ampio retroterra artistico. Già, l’Apogeo: in realtà, altro non è che un quintetto incaricatosi di riallacciare il discorso, quel vecchio discorso interrotto del Perigeo. Il Perigeo di Tommaso, ma anche di Bruno Biriaco alla batteria, Claudio Fasoli al sax, Tony Sidney alla chitarra e Franco D'Andrea al piano. Riallacciare il discorso, ecco il punto. Indicare una via nuova, che parta da quella più antica. Coinvolgendo (alcuni) compagni nuovi. E proprio Tommaso, anche se non lo dichiara apertamente, fa intendere il senso del progetto. Con chiarezza. Non per coltivare le ombre ingombranti della nostalgia. Ma, probabilmente, per il gusto di riunire la propria esperienza musicale, quella del chitarrista Bebo Ferra e del batterista Anthony Pinciotti con la il rampantismo virtuoso di un sassofonista non più emergente (meglio dire: già emerso) come Daniele Scannapieco e la vitalità del pianoforte gestito dalle mani di Claudio Filippini. L’Apogeo, dunque, prova a difendere il concetto di continuità. Dimostrando che c’è qualcosa da dire, ancora. E da offrire. Facendolo con un concerto robusto, ma non eccessivamente trasgressivo, malgrado il rockeggiare della chitarra di Ferra, che si preoccupa di trascinare il sound verso sponde meno convenzionali. Delegando, però, il sax di Scannapieco a riaccostare le tonalità più tipiche del jazz: il jazz nella sua accezione, diciamo pure, più consueta. Con un concerto quadratosi a lavori in corso e inserito nel cartellone duemilasette di Fasano Jazz, in seconda battuta (avevano aperto la rassegna i Soft Machine Legacy di Teo Thravis; la chiudono i Tàngheri, con un live che lega il tango e il jazz). Un concerto, soprattutto, inedito. E sì: l’Apogeo, in terra di Puglia, ha debuttato davanti a una platea. A tutti gli effetti. Perché l’idea è ancora abbastanza giovane e perché l’unico precedente incontro dei cinque protagonisti avviene tra le pareti di uno studio di registrazione romano, dove nasce il disco che conferisce maggior dignità al progetto, accompagnandolo. Particolare, questo che non sfugge, peraltro. Almeno in partenza. La prestazione piace da sùbito, ma decolla definitivamente quando l’intesa si consolida, a musica già avviata. Le poche ore di interazione, cioè, traspaiono. Per poi sfumare e consegnare un’ora e mezza di buone intuizioni, di assoli di pregio, di buoni ritmi e di energia sufficiente a soddisfare la gente radunata in largo San Giovanni Battista. Ma anche novanta minuti di respiro vasto, intensi. Moderni, ma quanto basta. E niente affatto freddi. L’Apogeo decide di non impressionare deliberatamente con effetti sconvolgenti. E, dunque, di non esagerare. Mantenendo saldo il legame con quel jazz da cui si nutre. Affacciandosi, quando serve, verso orizzonti più aperti. Ma assicurandosi (e assicurando) un equilibrio intelligente. Persino colto. Perché, a suo modo, raffinato.

Giovanni Tommaso “Apogeo” Quintet (Giovanni Tommaso: contrabbasso; Bebo Ferra: chitarra elettrica; Daniele Scannapieco: sassofono; Claudio Filippini: pianoforte; Anthony Pinciotti: batteria)
Fasano (BR), Largo San Giovanni Battista
Fasano Jazz 2007

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)