sabato 10 luglio 2010

Tre solisti per il Locus


Locus Duemiladieci trova momenti difficili, che sono i momenti impervi di chiunque, in questi mesi affannati. Stringe i denti e sgomita, patisce come tutti, temendo persino la paralisi o, almeno, il ridimensionamento dei contributi pubblici e, quindi, del programma. Ma, alla fine, si presenta, per il sesto anno consecutivo. Sempre in un paio di piazze e all’interno della Cantina Sociale di Locorotondo, con otto situazioni dal vivo pianificate in poco meno di trenta giorni: dal dieci luglio (data del concerto inaugurale firmato dall’insolito trio formato da Paolo Fresu, Trilok Gurtu e Omar Sosa) al cinque agosto. Attraverso i quali sfileranno anche i live di Gil Scott-Heron, di Bobo Rondelli, Esperanza Spalding, dei Quiet Nights Orchestra, di Markelian Kapedani (tutti ad ingresso gratuito), dei King of Convenience e di Malika Ayane (a pagamento). Superando, peraltro, problemi supplementari e assolutamente inattesi (la recentissima scomparsa del sindaco del centro valditriano, a cui simbolicamente la rassegna è stata dedicata).
Dura, la vita. Perchè sempre più complicata è la strada della promozione musicale. Ma tant’è: e, allora, in questi casi, diventa più gradificante godere di qualche data di buona qualità, quando piove alle nostre latitudini. Come, appunto, quella che ha aperto la manifestazione, in piazza Mitrano. Al centro, tre solisti dal curriculum ormai robusto e prestigioso. Tre solisti capaci, però, di formare una squadra. Di assemblare un’esibizione credibile sino in fondo. Concerto vero, dunque: non una semplice reunion di protagonisti incociatisi per solleticare la curiosità della gente e per attirare il grande pubblico, che poi è ormai un segno distintivo del Locus Festival (anche questa volta platea gremita, malgrado una contemporanea finalina del Mondiale tra Uruguay e Germania, tra l’altro niente male). Ma un live ben assemblato, equilibrato e, soprattutto, ben arrangiato. Curato nei dettagli, non vaporoso.
A sinistra del palco, il pianista cubano Omar Sosa, quarantacinquenne eclettico, abituato a condividere progetti con personalità di primo piano (il suo ultimo lavoro discografico, Ceremony, realizzato con Jaques Morelembaum e altri sodali, è uscito da pochi mesi). Al centro, il trombettista sardo Paolo Fresu, sempre più pugliese d'adozione (da noi, si vede sempre più spesso: al Locomotive Festival di Sogliano è addirittura di casa e, al Locus, è una presenza praticamente fissa). Alla destra, Trilok Gurtu, percussionista che viene da Bombay ma che è, da sempre, cittadino del mondo e che può fregiasi delle collaborazioni intrattenute con gente come Zawinul e Metheny, custodite all’ombra di un bagaglio tecnico assolutamente raffinato. Tutti assieme, dunque, per una serata dai timbri moderni, ma ugualmente caldi. Dove anche la forma scenica (certe torsioni, certe gestualità) ha un proprio diritto di asilo.
Il progetto mescola tradizione e nuovi dialoghi, diventando una sfida amichevole tra tre talenti che sanno cercarsi e che si trovano con puntualità, per poi procedere uno al fianco dell’altro. Tra le note, c’è molto di ognuno di loro e tanto delle esperienze indiviuali di ciascuno. E c’è, ovviamente, la Cuba di Sosa, l’India di Gurtu e l’Italia di Fresu. Talvolta, il concerto assume sonorità tipicamente latine, poi si fa più intimo e introspettivo, poi si concede alle atmosfere, quindi diventa più istrionico. Altre volte, invece, le sfumature diventano più etniche e, spesso, si affacciano gli effetti dell’elettronica, ai quali – ormai – i musicisti, di qualunque provenienza (geografica e artistica), non sanno più sottrarsi. Il primo approccio con la sesta edizione di Locus, cioè, è anche sufficientemente originale: quanto di meglio si può chiedere ad un festival. Partito tra i disagi dell’incertezza. Ma partito bene.
(foto di Massimo Mantovani)

Omar Sosa (pianoforte, fender rhodes ed elettronica), Paolo Fresu (tromba, flicorno ed electronica) & Trilok Gurtu (batteria e percussioni)
Locorotondo (BA), piazza Mitrano
Locus Festival 2010