venerdì 9 luglio 2010

Cinque corde per improvvisare


Di qua e di là. Spaziando tra i ritmi, senza freni. Con una tecnica persino debordante. E, forse, anche ingombrante. Con la sua musica esuberante, voluminosa. Oltre lo steccato dello spartito, sempre. Giocando a improvvisare. E, probabilmente, pure a compiacersi. Toccando ovunque, per poi fuggire. E poi, magari, tornare. Attorcigliandosi attorno ad un tema: per entraci, corteggiarlo e, infine, per tradirlo. Per modificarne la struttura, per avvolgerlo e per abbandonarlo, battendo nuove strade. Quelle che partono dall’emozione. O dall’emotività del momento. Dal cuore, certo. Ma anche dal freddo calcolo di uno studio attento. Perché, sotto l’improvvisazione, c’è sempre una pianificazione serrata, robusta. Talvolta, maniacale. Dal cuore e dalla testa, allora. Cioè, dalla mediazione tra sensi e applicazione. Dove l’istinto forma e, alla fine, guida. Aggrappandosi, però, ad un lavoro di fondo sostanzioso e aggressivo.
Francesco Del Prete e il suo violino. Un violino francese a cinque corde, di vetroresina. Il risultato dell’addizione è Corpi d’Arco, progetto che vanta già un anno di vita, diverse esibizioni dal vivo e, ovviamente, anche un disco. E che Collepasso In Veste d’Arte, rassegna organizzata da Cantieri Ideali, ha voluto ospitare nell’atto conclusivo del suo cartellone estivo all’interno del Palazzo Baronale del piccolo centro salentino. Progetto che, giura lo stesso Del Prete, primo violino dell’orchestra della Notte della Taranta con un ricco pedigrée nell’ambito della musica popolare di Terra d’Otranto, ma ormai stabilmente affacciatosi su palcoscenici più ampi, si trasforma in ogni appuntamento live. Proprio perché, mai come in questo caso, l’improvvisazione è punto nodale e valore imprescindibile. Anzi, necessario.
«Corpi d’Arco –spiega – è un percorso nato attraverso le sfumature e i colori che un violino a cinque corde può garantire, anche in veste assolutamente alternativa. Un progetto che mi coinvolge totalmente e che si modella con una pedaliera e una loop machine, tributo all’elettronica utilissimo per costruire sul momento tonalità supplementari». I suoni, così, si moltiplicano, si sdoppiano, si incrociano, formando un tappeto sonoro variegato. «Corpi d’Arco è, al momento, la mia massima espressione musicale. Ma mi piace sottolineare l’istantaneità del percorso. In pratica, compongo sul momento. Ovviamente, nei concerti, anche per un biosogno contingente, preparo delle strutture sulle quali, successivamente, posso lavorare. Altrimenti, non basterebbe un’ora per un solo pezzo».
In realtà, nei settancinque minuti dal vivo, si alternano una decina di composizioni: da “Alta Lena” a “Girandola”, da “Arpeggio di Luna” a “Respiro Elettrico”, da “Il Cappello di Latta” (preceduto da alcuni versi di Maria Pia Romano, con la quale Del Prete ha condiviso più volte la scena) a “Rosso di Tango”, da “Un’Allegra Maitresse” (il titolo è provvisorio, non fa parte del disco) a “Di Lei”, da “La Corsa del Cavallo a Dondolo” a “Rivers in Reverse” (dove utilizza, appunto, il reverse, un effetto timbrico particolare che duplica le note al contrario). Il violino, così, è punto di riferimento, ma anche spalla di se stesso. E strumento di percussione, talvolta. Certe volte, si elettrifica. Altre, sembra frantumarsi in rivoli differenti e convergenti. Non c’è schema che lo limiti: la libertà è inseguire l’ispirazione. L’elettronica, certo, offre un contributo corposo. Decisivo, ai fini dell’ascolto. Ma le intuizioni compositive, la fantasia, le esecuzioni nette, l’elasticità e anche il coraggio scrivono intrecci sonori accattivanti. Quello che, probabilmente, il contenitore di Cantieri Ideali cercava: puntando sugli artisti del territorio. Ma, soprattutto, sulla creatività e la progettualità. Scommessa vinta.

Francesco Del Prete (violino, pedaliera e loop station) in “Corpi d’Arco”
Collepasso (LE), Palazzo Baronale,
Collepasso InVeste d’Arte