sabato 17 luglio 2010

Classico Carioca, con garbo


La sensibilità verso l’universo musicale brasiliano cresce. E, estate o inverno non fa differenza, si moltiplicano progetti e omaggi sulla mpb, la música popular brasileira. Praticamente ovunque. Gli appassionati (crescono anche loro) ringraziano. E i più esigenti, adesso, possono persino permettersi di soppesare, spigolare e scegliere nel mare delle opzioni. Anche queste contrade sembrano aver scoperto (definitivamente) un genere che era (e, magari, rimane) sostanzialmente e fortunatamente di nicchia. E che non profuma solo dell’abusatissima (e, forse, anche un po’ stantia) bossa: perché, sì, dietro (anzi, avanti) alla bossa c’è tutto un mondo: quarant’anni di autori importanti, spartiti eleganti, testi di impegno sociale incomparabile e accordi accattivanti. Anche se molta gente pare essersene accorta solo di recente: in tempi di globalizzazione reale, quando – probabilmente – non è più necessario che l’arte, la cultura e anche la musica debbano necessariamente passare prima per gli Stati Uniti e poi in quel che resta del pianeta.
Comunque, ormai, di Brasile e di musica brasiliana se ne occupano in molti, prima o poi. E Brindisi in Jazz Summer 2010, cartellone breve varato dal Saint Louis College of Music, che in Puglia ha sede proprio nel capoluogo adriatico, ha deciso di aprire la sua duegiorni davanti al mare con un tributo al cantautore più titolato del Paese sudamericano, Chico Buarque de Hollanda. Che, ormai, preferisce spendere i suoi giorni nella scrittura (vanta quattro romanzi di assoluto rilievo: l’ultimo, Latte Versato, è appena uscito anche da noi), più che nella musica. Ma che, talvolta, torna ad esibirsi e a comporre: un’occupazione che lo coinvolge sin dalla metà degli anni sessanta e che, in un certo periodo, gli ha pure procurato qualche problema con la censura e con la dittatura militare (un paio di anni di esilio a Roma testimoniano efficacemente). L’introspezione del mondo buarquiano al porticciolo turistico brindisino si chiama Classico Carioca ed è un lavoro condiviso dalla vocalist Susanna Stivali (tradizionalmente assai vicina alle sonorità afroamericane, gospel compreso), dalla pianista romana Stefania Tallini (che al Brasile è legata particolarmente, considerati i vincoli personali con Guinga, peraltro sistemato in platea), dal bassista Marco Siniscalco e dal batterista abruzzese Nicola Angelucci. Quattro personalità sui sentieri di un intellettuale prestato alla musica o di un musicista prestato al patrimonio sociale brasiliano: il dibattito è aperto da anni e sarà difficile decifrare la realtà.
Del quartetto (e di Brindisi in Jazz), tuttavia, piace la scelta di Buarque. Scelta non convenzionale, proprio perché oltrevarca i limiti dell’abitudine (non sappiamo quanti siano in Puglia e in Italia, ad esempio, gli omaggi – più o meno convincenti – a Jobim e a João Gilberto. Che, spesso, deludono. E che, se non deludono, finiscono (o finiranno) per stancare. Non che la produzione buarquiana sia, in quest’angolo di Europa, totalmente sconosciuta, ci mancherebbe: ma pochi, pochissimi, hanno voluto o saputo scavare e concentrarsi esclusivamente sulle composizioni (non solo quelle di impatto alto, fortemente legate al filone della canzone di protesta degli anni sessanta, settanta e ottanta e, più tardi, ad una disamina disincantata della quotidianità, ma anche quelle più morbide) dell’autore carioca. Figlio, vale ricordarlo, di una delle personalità di spicco del modernismo brasiliano (Sérgio Buarque), fratello di una delle muse della bossa (Miúcha), cognato del già citato João Gilberto, suocero di Carlinhos Brown e padre (come Geraldo Vandré, Milton Nascimento, Edu Lobo e lo stesso Caetano Veloso) di una certa forma di canzone di rottura: con il passato e non solo.
“Tem Mais Samba”, “Morena dos Olhos d’Agua”, “Quem Te Viu” (eseguita strumetalmente), Valsinha (che qui cantò Mia Martini), “Samba do Grande Amor” (ovvero il pezzo cronologicamente più recente, tra quelli scelti per il progetto): il repertorio, in fondo, non fluttua tra i testi più impegnati, ma è arrangiato con ricercatezza, cura. Unica eccezione, la geniale “Construção”, a cui la Stivali offre un’impronta affascinante. Le versioni sono rigorosamente in italiano, nel solco delle traduzioni di Sergio Bardotti (e di Fossati, nel caso di “O Que Será”, sdoganata con forti venature jazzistiche). Unico testo in portoghese, eseguito con sola voce e piano, quello di "Beatriz", scritto a quattro mani con Edu Lobo, cioè il brano più titolato del Grande Circo Místico. Complessivamente, un concerto dai tempi sintetici (quarantacinque minuti, prima dell’esibizione del trombettista Flavio Boltro, accompagnato da Giovanni Mazzarino al piano, Marco Micheli al contrabbasso e Francesco Sotgiu alla batteria), ma partorito con garbo: come sarebbe piaciuto a Chico Buarque.

Susanna Stivali (voce), Stefania Tallini (pianoforte), Marco Siniscalco (basso) & Nicola Angelucci (batteria) in “Classico Carioca”
Brindisi, Porto Turistico
Brindisi in Jazz Summer 2010