mercoledì 23 giugno 2010

Lins, funky targato Rio


Qualcosa di bossa: il suo profumo e certe sue atmosfere, almeno. Perché, ormai, la bossa è coltivata per davvero solo in Europa. In Italia, soprattutto. Ma in Brasile non più. O assai meno di quanto si creda. E qualcosa (anzi, molto) di funky: verso i cui sentieri Ivan Lins si è ormai abbandonato. Del resto, il compositore di Rio continua a scrivere canzoni. E a vendere. Tutto misturato da una sensibilità fortemente carioca. Anche perché le sue parole e il suo piano insistono spesso su un tema: la sua città, appunto. Tra bossa e funky, però, quella di Lins è essenzialmente musica da ascoltare. E di ottima qualità. E’ così da quarant’anni. L’artista sudamericano, peraltro, vanta estimatori un po’ ovunque, anche al di fuori del proprio Paese. E interpreti importanti che hanno prestato la loro voce a diverse versioni dei suoi brani (ricordate la celebre “The Island” di George Benson? Bene, l’ha scritta Ivan Lins, a quattro mani con Vítor Martins, il socio di una vita. E avete presenti nomi come Sara Vaughan e Quincy Jones? Ecco, hanno condiviso esperienze con lui).
Ha sessantacinque anni, ma non li dimostra. Ed è un personaggio squisito: di antica cortesia. Disponibilissimo: sempre e comunque. Con tutti. Dalla simpatia immediata. Questione di carattere. Brasiliano vero. E carioca anche nell’animo. In Brasile è una delle istituzioni musicali. Meno cerebrale di Chico Buarque, meno impegnato di Edu Lobo, meno terragno di Milton Nascimento, meno imprevedibile di Caetano Veloso. Ma fruibile a tutti. Per quei testi semplici, immediati. E per quelle tonalità chiare, dirette. Jobiniane, ha detto e scritto qualcuno: non a caso. Il maestro, peraltro, era e resta un suo punto di riferimento. Oltre le frasi di circostanza. Anche per questo, i suoi dischi sono tra i più commercializzati, al di là dell’oceano. Meglio di lui, probabilmente, solo Ivete Sangalo, regina delle axé, e pochissimi altri. Numeri imponenti. E non da oggi. Per capirci, può esibire qualche Latin Grammy Award. E una processione di singoli dal successo cristallino. Ascoltati almeno una volta, nella vita. Magari attraverso i Manhattan Transfert. O, appunto, Benson. Oppura Ella Fitzgerald. Ma anche Elis Regina.
Bari in Jazz 2010 l’ha riportato in Puglia. Un po’ di anni dopo. Alla fine degli anni novanta, sbarcò al Teatroteam, in compagnia di Toots Thielemans: con il quale ha elaborato idee per lungo tempo. Questa volta, al Teatro Piccinni, è arrivato accompagnato solo dal suo gruppo. Anzi, dalla sua gente, come dicono da quella parte del mondo: André Sarbin (alla tastiera e al pianoforte), Alfonso Paes (alle chitarre), João Moreira (alla tromba: interessanti le sue tonalità jazzistiche) e Chris Wells (è il batterista). Offrendo un ventaglio di proposte: antiche (“Vitoriosa”, “Madalena”, “Dinorah, Dinorah”, “Começar de Novo”, “Daquilo Que Eu Sei”, “Iluminados”) e più recenti (“Velas”, “Passarela no Ar”, “Nada Sem Voce”: quest’ultima scritta con Ivano Fossati e, ovviamente, tradotta in italiano). C’è, poi, anche un tributo a Jobim, ma è un inciso veloce, ma non formale. Per la tournée italiana (due tappe al sud: Nocera Inferiore e Bari, prima di spostarsi in Norvegia) sceglie un profilo casual, anche nel confezionamento del concerto. Parla poco (in inglese) e suda molto, litigando più volte con un pedale difettoso. Gli arrangiamenti, tutti curati, concedono una veste nuova pure ai pezzi più popolari. Che arrivano sostanzialmente nella parte finale del live, riscaldando l’ambiente. L’evento richiama anche diversi brasiliani di Puglia: e non potrebbe essere diversamente. Ma anche il pubblico di casa non difetta in conoscenza specifica: conseguenza della globalizzazione mediatica, ma anche di un’avvenuta crescita della mpb nell’immaginario collettivo degli italiani. Attraverso i canali della bossa, evidentemente. Che, dopo, ha saputo convogliare la gente verso altri autori. Più o meno tradizionali. Qualche anno fa non ci avremmo scommesso. Oggi ne prendiamo atto. Con soddisfazione.

Ivan Lins Quintet (Ivan Lins: voce e tastiera; André Sarbib: pianoforte e tastiera; João Moreira: tromba; Alfonso Paes: chitarre; Chris Wells: batteria)
Bari in Jazz 2010
Bari, Teatro Piccinni