giovedì 12 agosto 2010

Sulla spiaggia con Giovanni Block



«Quello del cantautore è il mio mestiere. Un mestiere che, talvolta, mi ha deluso. In un’epoca in cui non è facile esserlo. In un momento in cui ci impongono molte cose e, tra queste, anche la musica. Proprio mentre qualcuno dice che i cantautori, oggi, non hanno niente da raccontare. Anche se, evidentemente, non sono d’accordo». Giovanni Block è un napoletano guadente e scanzonato come molti figli della propria terra. Ma, tra le righe dei suoi testi, nasconde qualche piccola (o grande) verità. E qualche ritaglio di un certo tumulto interiore. Come qualsiasi cantastorie dei giorni nostri. O di un certo disagio, dissimulato con molta autoironia. Con quella simpatia semplice e diretta, talvolta vagamente clownesca. E con quella faccia da bravo ragazzo: lontano, per intenderci, dal maledettismo e dal pessimismo della canzone profondamente impegnata degli anni settanta. Cantautore inserito nel contesto, ecco. Nel contesto di questi tempi. Dove il cantautorato non rinuncia aprioristicamente al gusto del frivolo: senza offesa, s’intende. Dove i grandi temi sociali e culturali sono spesso sostituiti da un’osservazione abbastanza asciutta della quotidianità. Che è meno profonda di ieri, in certi dettagli. Ma che, in fondo, spiega come quasi niente sia cambiato, in quarant’anni. E di quanto, invece, si sia ulteriormente deteriorato: nei costumi, nella mentalità, nei comportamenti della gente e di chi ne disegna le sorti. Chiariamo sùbito: Block non viaggia sul solco segnato da un Guccini (ci sembra, anzi, di aver colto che non ne condivida il cliché artistico) e tanto meno da un Lolli, nè da un De Gregori o un De Andrè. Talvolta, piuttosto, potrebbe ricordare Concato, ma i paragoni – questo tipo di paragoni – non ci piacciono affatto. Perchè sanno di superficialità. E, certe volte, il suo modo di approcciarsi al palco rivela qualche simpatia per la formula di teatro-canzone: ma navigheremmo ugualmente fuori rotta. L'autore, ventiseienne, vive soltanto il suo stesso personaggio e, magari, non insegue nessun mito. Il suo cantautorato si affaccia timidamente anche sul pop, ma non è propriamente musica leggera. E il suo rapporto particolarmente confidenziale con la platea rifugge dalla figura un po’ snob dell’intellettuale prestato alla musica. I suoi testi, oltre tutto, non sono affatto ermetici. E, inoltre, il gruppo che lo accompagna s’intrattiene spesso su un tessuto sonoro gravido di venature jazzistiche, pronte però ad accettare influenze decisamente moderne (chitarra e basso elettrico, del resto, non cooperano per caso). Già, il jazz: contorno saporito, ancorchè seminascosto, un gradino sotto il suo leader. Al quale, peraltro, spesso piace appartarsi con la gente, in compagnia della sola chitarra. Il jazz che è il trait d’union tra Giovanni Block, già Premio Tenco nel 2007, e Argojazz 2010. L’esibizione sulla spiaggia dell’esclusivo Porto degli Argonauti, resort di diffuso buon gusto del versante jonico di Lucania, non fiorisce casualmente, cioè. La rassegna ammicca, da sempre, ad un certo tipo di sonorità. E ad un certo tipo di musica, strettamente collegata al jazz. Di più: Block è il vincitore della settima edizione di Argojazz, che ogni anno promuove la figura di un musicista rampante (nel recentissimo passato, ad esempio, è stato premiato anche il nostro Mirko Signorile). Condizione, questa, che non impedisce al musicista partenopeo (a proposito, è anche flautista) di delimitare il live con la leggerezza (e, ogni tanto, con l’effervescenza) delle parole. Anche di quelle rovesciate con quell’impeto giovanile che - prima a poi, chissà - riuscirà a gestire con esperienza, a dosare con maggiore sicurezza. E che, soprattutto, non gli impedisce di giocare con le storie e, perchè no, con la mitologia di questo secolo (tronisti e bulli latini compresi, a cui è dedicata una canzone divertita) e con i parolieri più celebrati (l’unica cover proposta è “It’s Wonderful", di Paolo Conte). Due modi come altri per non prendersi troppo sul serio. E per colorare una notte sulla spiaggia, quella del dodici agosto, assolutamente intrigante. Buona, si sarebbe detto, per catturare le stelle e lasciar fruttare qualche desiderio. Anche se, in realtà, dal cielo non sono piovuti segnali importanti. Oppure, se sono piovuti, non ce ne siamo accorti. Il tempo, però, è transitato ugualmente. E non è transitato invano: questione di atmosfera, ci viene da pensare.

(foto Angelo Nicola Caroli)

Giovanni Block (voce, chitarre e flauto), Carlo Castellano (pianoforte e tastiera), Simone Sessa (chitarra elettrica), Pasquale Bellocaso (basso elettrico) & Ron Grieco (batteria)
Marina di Pisticci (MT), Porto degli Argonauti di Lido Macchie
Argojazz 2010