domenica 27 luglio 2008

La world music multietnica di Sepe

Evidentemente, il movimento che gravita attorno alla canzone popolare fatica sempre più ad accontentarsi dell’antico processo di autocombustione. E sente la necessità crescente di sollecitazioni sempre più marcate. Occorre altro, cioè: l’interazione con un ventaglio ampio di culture e di soluzioni musicali, il contagio con uomini e spartiti che testimoniano esperienze differenti, ma contingenti. In una sola parola, stimoli. Stimoli nuovi, ovvio. Per questo, sembra logico parlare di tradinnovazione e, soprattutto, di mescolanza. Talvolta fascinosa, talvolta ardita. E, talvolta, un po’ sbracata. Ma la musica, si dice, deve andare. E deve entrare nella gente. Perché, poi, è la gente che la consuma. Di fatto, però, la canzone popolare si trasforma. E si sfigura, molto spesso. L’esibizione dal vivo di Daniele Sepe, nome storico dell’universo popolare in Italia, irrobustisce il concetto. Segnando una tappa in più del percorso artistico di un musicista che non ha mai lesinato approcci con realtà più o meno distanti da quella in cui ha cominciato a misurarsi trent’anni fa.
Anzi: il concerto ercolano del sassofonista campano (inserito in due distinte ma, anche in questo caso, convergenti manifestazioni: l’Adriatic International Festival, voluto dall’amministrazione provinciale di Brindisi, e la Notte Bianca, organizzata dal comune di Erchie) diventa dichiaratamente l’occasione di un incontro (o di un incrocio) di esperienze. Meglio: di una commistione di tonalità e di idee, centrifugate secondo i gusti correnti, dove i confini sonori non coincidono con quelli geografici e con quelle nuove barriere che la politica sembra voler riproporre. In piazza, Sepe condivide il palco con la Brigada Internazionale, ensemble di tredici elementi che rappresentano Paesi differenti (anche e soprattutto non comunitari: Brasile, Cuba, Argentina, Senegal, Romania, Tunisia, Bosnia, Svezia e, ovviamente, Italia), ed aree sociali e musicali di diversa estrazione. Il progetto, neanche un po’ velatamente, prova a rafforzare la speranza del dialogo interculturale e interraziale, sul quale, di questi tempi, continuano a piovere molti dubbi e troppe domande. E, parallelamente, trasportando se stesso verso una semplice e pura world music, che di popolare possiede davvero assai poco. Molto ritmo, tanta energia, fiati, voci, basso, chitarra, tastiere e una buona razione di batteria e percussioni: la frittura mista spazia immediatamente, senza regole. Scavalcando ogni recinto. Sfiorando persino la disco music, bagnandosi sostanzialmente di funky, di pop e anche di rock e svelando quasi sempre la propria anima (e la propria vocazione) commerciale.
«Voglio che questa sera vi divertiate», comunica Sepe prima di cominciare. E così sia. L’approccio è un po’ congestionato di elettronica e di timbri balcanici. Repentinamente, poi, si emigra in Sud America. E non difetta la riproposta di ritmi realmente popolari come il baião (“Asa Branca” di Luís Gonzaga, peraltro, è rivisitata con impeto rockettaro). Quindi, si rientra in Europa, prima di riattraversare l’Oceano. Sepe dirige con discrezione, ritagliandosi qualche assolo di buon pregio, ma lasciando fare. E strafare. La Brigada ricorda (e, forse, rincorre) l’Orchestra di Piazza Vittorio, la prima formazione multietnica assemblata in Italia, ripercorrendone le finalità e certe argomentazioni di fondo. Il paragone, tuttavia, regge per poco: perché, probabilmente, l’ensemble diretto da Mario Tronco sembra più rigoroso. O se preferite, meno anarchico. Nella gran quantità di note, però, qua e là emerge qualche fraseggio interessante. O la voce decisa e carica di Doris Lavín, vocalist cubana. O, ancora, la chitarra matura e il sorriso divertito di Adnan Hozic, bosniaco di Sarajevo emigrato da anni in Salento, che i più attenti ricorderanno come uno dei principali protagonisti del gruppo Opa Cupa, gestito da Cesare Dell’Anna. E, non ultime, le incursioni frequenti del batterista brasiliano Robertinho Bastos. Il pubblico, intanto, si riscalda e balla: dunque, apprezza. E’ fatta la volontà di Sepe. Ed è gratificata l’iniziativa della Notte Bianca. Così come è appagato lo sforzo organizzativo dell’Adriatic International Festival, che ha convogliato in diverse location della provincia (Selva di Fasano, San Pancrazio, Villa Castelli, Mesagne e, appunto, Erchie) proposte musicali suggestive e originali come il trio del pianista Maurice El Medioni, la voce rom di Esma Redzepova, il cantautorato a stelle e strisce di Elliot Murphy e il rockabilly delle periferie belgradesi dei Kal. E che non si dica, allora, che l’estate pugliese non racconta storie interessanti. Girando, si trova. Più o meno puntualmente.

Daniele Sepe (sassofono) & Brigada Internazionale
Erchie (BR), piazza Umberto I
Adriatic International Festival

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)