martedì 15 luglio 2008

Cinquant'anni di bossa

«Pietre Che Cantano», la rassegna più longeva e più nobile dell'estate cistranese, sembra essersi affezionata al Brasile e al suo ventaglio di soluzioni musicali. Tanto da dedicare al Paese sudamericano l'intero cartellone, per il secondo anno di sèguito. Anzi: se vogliamo, "Brazillusion '08" è l'ideale continuazione (o evoluzione) della programmazione offerta dodici mesi prima. Anche se i contenuti e, soprattutto, gli artisti chiamati a impalcare questa edizione del festival possiedono - senza dubbio alcuno - maggiore appeal e uno spessore sicuramente superiore a quello di quanti sono intervenuti nella kermesse precedente. Giusto per chiarire.
«Pietre Che Cantano» e il Brasile: oltre tutto, il feeling è saldato dal patrocinio dell'ambasciata oroverde (operazione interessante) e dalla mediapartnership assicurata da Musibrasil, il portale italiano di cultura brasiliana. Segnali inequivocabili di crescita, dunque. Valorizzati dalla prima puntata del percorso (che si chiude il sedici agosto), affidata al piano (e al gruppo) di un trentenne carioca di Parigi, svezzato sugli spartiti di Bach e cresciuto nell'atmosfera calda degli afrosamba e nel culto del jazz, sotto la guida autorevole di un maestro di chitarra e di note come Baden Powell. Philippe Baden Powell (che, del maestro, ha ereditato il cognome e persino il nome) è figlio di un artista e di una terra dai quali non si è allontanato troppo, malgrado la residenza europea. E, per questo, ha preparato un repertorio di "brasilian standards" per celebrare degnamente i cinquant'anni di militanza della bossa nova nel panorama musicale (sì, sono già cinquanta, non sembra neppure vero), ovvero il leit motiv dell'intera rassegna curata anche quest'anno da Francesco Pinto. I suoi alleati, sul palco, parlano portoghese (al basso c'è il brasiliano Natalino Neto) e francese (Damien Fleau è il sax soprano, Mathieu Gramoli è il batterista e, a metà concerto o poco prima, si aggiunge la voce di Chloé Cailleton). Ma il linguaggio musicale non si esaurisce alla bossa: innanzi tutto perchè il contributo dell'improvvisazione è di chiaro stampo jazzistico, ma anche perchè l'offerta ammara pure sullo choro di Pixinguinha, sulle sonorità djavaniane della MPB, sulla produzione colta di Egberto Gismonti ("Palhaço") oppure su quella di Moacyr Santos. Chiaro, però, che - tra una divagazione e l'altra - Philippe punti decisamente sugli afrosamba così cari al padre e allo stesso Vinícius de Moraes ("Berimbau", "Canto de Ossanha", "Canto de Xangô").
L'ora e mezza di concerto che sgorga, così, si rivela sufficientemente varia, mai ingessata, sciolta. Il live è sempre pulito, carrozzato di una propria identità: merito, evidentemente, degli arrangiamenti convincenti, intelligenti, a tratti persino ispirati. Tecnicamente, la prestazione si mantiene sempre nei binari dell'eleganza e questo appare un pregio. Pur senza esplodere, sia detto: perchè, forse, l'ultima parte dell'esibizione avrebbe meritato scelte di repertorio più robuste: particolare, tuttavia, che non sottrae troppo alla valutazione complessiva. Nella piazza vecchia di Cisternino, attraversata dai rintocchi dell'orologio, il Brasile - cioè - passa e si ferma ugualmente. E la prevedibilità di un progetto nato per riabbracciare cinquant'anni di storia va accettata. Volentieri. Le buone interpretazioni esigono rispetto e vanno sempre premiate. Con un applauso sincero.

Philippe Baden Powell (pianoforte), Chloé Cailleton (voce), Natalino Neto (basso), Damien Fleau: sax soprano) & Mathieu Gramoli (batteria)
Cisternino (BR), piazza Vittorio Emanuele
Pietre Che Cantano 2008

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)