venerdì 15 dicembre 2006

Sapori forti di Lucania

L’impegno sociale, le battaglie, la quotidianità dei cafoni, la questione meridionale, le terre amare, il destino dei dimenticati, la schiavitù contadina. Il poeta neorealista e il sindaco di provincia: Rocco Scotellaro, ieri. I versi e la figura, il pensiero e il messaggio, umano, ancor prima che politico: Rocco Scotellaro, oggi. Tra gli spartiti appassionati dell’Antonio Dambrosio Ensemble e l’omaggio – a cinquantatre anni esatti dalla scomparsa dello scrittore di Tricarico – di Antiphonae Jazz 2006. Tra le note di un progetto ormai rodato (perché inaugurato in estate) e il respiro ampio di un concerto scandito da rabbie antiche e dolori inevasi. Quello che chiude la serie, rimadando all’anno che verrà. Il quinto e ultimo di una rassegna sopravvisuta anche (e, a questo punto, diremmo soprattutto) per chiarire un concetto: non è necessario rincorrere, sempre e comunque, nomi e cognomi pregiati per sostenere il cartellone. Perché costruire una programmazione convincente con i musicisti di questo angolo d’Italia si può. Puntando sulle idee, innanzi tutto. E incoraggiandole. Anche se qualcuno non se n’è accorto. O ha finto di farlo. Rocco Scotellaro e il suo bagaglio di testimonianze. Alcune delle quali ripercorse dalle voci narranti di Francesco Tammacco e Matilde Bonaccia. E, dietro, un quartetto d’archi (Giuseppe e Vito Amatulli, Domenico Mastro e Vanessa Castellano, ovvero la musica nobile), due fiati (Achille Succi e Nicola Piovani, puntuali e asciutti), un contrabbasso e un piano (Camillo Pace più Pasquale Mega, cioè l’anima jazzistica), un polistrumentista (Pino Basile, cioè la faccia popolare della formazione) e un elemento di raccordo (Antonio Dambrosio alla batteria e alla direzione, oltre che alla composizione). L’ottavo percorso di «Antiphonae», dunque, si esaurisce così, fortificando l’intuizione che l’ha innervato sin dal primo momento: quella di viaggiare attorno al jazz, corteggiandolo e perforandolo, lambendolo e strisciandolo. Contaminandolo e arricchendolo. Senza mai abbandonarlo definitivamente. Si esaurisce, sì, ma lasciando un sapore buono. Con un live sempre pronto ad allargarsi verso umori diversi, sempre pronto ad aprirsi a sonorità persino distanti tra loro. E altrettanto abile a riguadagnare i binari jazzistici, proprio quando sembrano essersi dissolti (il ruolo specifico di Mega e Pace, del resto, è proprio quello). Concerto sempre fluido, tuttavia: e non inganni la presenza di due voci recitanti o la matrice poetica della serata. Fluido e vario, mai stantio o imbavagliato. Spesso di sapore forte, come la terra di Lucania. E di collocazione (e, magari, anche lettura) non semplicissima, è vero: perché ora un po’ austero e ora immediato, perché talvolta dolce e talvolta spigoloso. E, in certi passaggi, persino nervoso, ma sempre lucido, digeribile. E, ci è parso di capire, anche intriso di cuore: particolare che non dispiace, nemmeno ai meno romantici. Come non dispiace l’ormai imminente pubblicazione di un cd («Sempre Nuova è l’Alba») che insegue i passi di un progetto di parole e musiche disposte a combinarsi ordinatamente, diligentemente. Ma con il vigore proprio delle genti lucane, quelle delle pagine di Scotellaro, scomparso troppo presto. Con il vigore e la robustezza della «turba dei pezzenti, quelli che strappano ai padroni». Quella gente di quella patria, dove l’erba trema.

Antonio Dambrosio Ensemble (Antonio Dambrosio: batteria e percussioni; Pasquale Mega: pianoforte; Achille Succi: clarinetto e sax alto; Nicola Pisani : sax alto; Camillo Pace: contrabbasso; Giuseppe Amatulli: violino; Vanessa Castellano: violino; Domenico Mastro: viola; Vito Amatulli: violoncello; Pino Basile: tamburi a cornice e cupa cupa)
Locorotondo (BA), Auditorium Comunale
Antiphonae Jazz 2006

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)