lunedì 11 febbraio 2008

Dischi - Filo Spinato (Max Marangione)

La quotidianità dei numeri e il diletto dei versi tra le note. Massimo Marangione detto Max insegna matematica: scienza schematica e ingabbiata che non inventa nulla, che non dedica tributi alla fantasia. E, nelle ore più o meno liete, compone: districandosi tra parole e spartiti. Proprio lì dove la fantasia può svicolare e, se vuole, scardinare gli schemi, dribblare, posarsi, rialzarsi, schizzare. Produrre emozioni. O solleticare pensieri. Il cantautore tarantino sembra uno strano incrocio di desideri (la vita parallela) ed esigenze (la vita reale). Legittimato da «Filo Spinato», cd autoprodotto alla fine dello scorso anno e pensato con la collaborazione di Marco de Bartolomeo, responsabile della cura e degli arrangiamenti del disco: realizzato in riva a Mar Piccolo, presso il Master Recording Studio. «Il progetto scaturisce dalla passione viscerale per la musica, ma è anche il prodotto degli stati d'animo e dei disagi più intimi», ammette Marangione. «E il rock, da questo punto di vista, sembra essere terapeutico». Le prime registrazioni dell'album, tuttavia, non sono recenti: grazie alle quali, peraltro, il musicista jonico ha potuto coprire alcuni spazi nella programmazione di Radiouno. Provvedendo, poi, a confezionare anche un videoclip (interamente girato nella zona industriale del capoluogo bimare) proposto da Rainews 24. Passando, oltre tutto, pure attraverso la colonna sonora di un cortometraggio. «"Filo Spinato" si inquadra nel genere rock d'auore - aggiunge Marangione - . I caratteri fondamentali sono l'immediatezza e l'emotività che hanno contribuito a generare il lavoro. E il filo spinato è un'immagine che riassume il mestiere della vita: a volte duro, a volte più leggero. Ma da vivere, sempre e comunque». I brani acustici come "Filo Spinato" («Voglio resettare tutto/ Ogni ricordo, l'acqua che scotta/ L'educazione, i sensi di colpa») e quelli più rockeggianti come "Prendere o Lasciare" («Non bussare alla porta se questo è il momento/ Aprila adesso e adesso che va/ Tempo al tempo, non c'è distorsione, niente religione, mezze verità/ Prendi il treno in corsa, prova l'ultima scossa/ Chi non cede crede che qualcosa sarà») si accavallano a tracce ermetiche come "Linea di Confine" («Mi porto dietro da troppo tempo/ Pensieri che non vanno via/ A furia di dire e di pensare dei sogni non so più che fare/ Troppi discorsi su quello che siamo/ Ci portano troppo lontano/ Tracciare una linea su questo orizzonte/ Che poi dove porta non so») o dal testo ruvido come "Ridatemi il Mio Nome" («Salto nel buio giù/ Nevrotico confuso/ Voglio sentire, voglio vivere e capire perché/ Quello che vedo è confusione, ipocrita reazione/ Ma voglio farmi male, voglio accelerare»). Dove lo accompagnano il basso di Ivano Corvaglia, la chitarra di Nico Albanese e la batteria di Gianpiero Tripaldi, naviganti ormai esperti del panorama live tarantino. Le nove canzoni assieme, va detto, rappresentano la prima esperienza discografica di Max Marangione. Che non rinuncia ad una forte matrice pop e neppure al sostegno dell'elettronica, sempre accarezzando temi di assoluta contemporaneità e una strisciante diffidenza nei confronti della complessità che ci circonda e avvolge, giorno dopo giorno. Mescolando rabbia («Chiamami come ti pare/ Spregevole o normale») e speranza («Prendimi per mano e portami con te/ Sarà banale, ma io non ti trovo più/ Fammi vedere quello che non so/ Almeno un istante, quello che non so/ Non riesco a capire più di quello che sai»). Attraversando i ricordi scomodi e le asperità di un percorso («Guardami e poi cancellami/ Ricordami, ricordami/ Vedi luce intorno adesso/ Guardami e poi cancellami»). Con la sostanza dei verbi, dei sostantivi e degli aggettivi. Che sanno essere taglienti e, talvolta, glaciali. Come un'espressione algebrica. Come un'equazione: che cerca un risultato.

Filo Spinato (autoprodotto, 2007)

Max Marangione

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)