sabato 31 marzo 2007

Itinerario Brasile

Il Brasile raccontato senza retorica. Può persino succedere, nell’Europa distante e, in particolare, nell’Italia dei luoghi comuni. Il Brasile suonato con rispetto storico, con garbo e sobrietà, con attenzione. E sintetizzato in un percorso musicale agile e rapido, ma non per questo lacunoso e frettoloso. Dove appare nelle sue posture molteplici: quella dello choro – ritmo datato, ma rinfrancato dal fascino di una recente e massiccia riscoperta - , del baião – sonorità popolare dell’arido Nordest - , dell’immancabile samba, della consumatissima bossa, ma anche quella del samba-canção (un ibrido che, nel tempo, si è imposto, conglobando interpreti e situazioni diverse) e, infine, dell’afro-samba. Cambiando in spiccioli, il Brasile delle infinite sponde. Attraversato in un’ora e mezza di note curate e originalmente arrangiate, in un live raffinato e disteso tra stili e autori pregiati. Un’ora e mezza consumata piacevolmente al Siddharta di Taranto, jazz club al diciassettesimo anno di resistenza, casa naturale dell’ormai anziana rassegna «Dove C’è Musica C’è Speranza» e palcoscenico diviso, per l’occasione, da Gianluca Persichetti, chitarrista tradizionalmente attratto dalle tonalità etniche in genere e brasiliane nello specifico, e dal percussionista Stefano Rossini, già compagno di viaggio di un virtuoso come il carioca Irio De Paula e di un certo paulistano che si chiama Toquinho. Persichetti e Rossini, ovvero un sodalizio ormai rodato da due lavori discografici (il primo, «Esperanto», esce nel 1998; il secondo, «Itinerario Brasile» è un prodotto pubblicato nel 2005 e già presentato al Festival di Frascati, kermesse di ampio respiro oroverde) , da un’intesa artistica piena e prolifica, ma soprattutto dal comune impegno presso l’Accademia Romana di Musica. Concerto itinerante, si diceva. Pronto a seguire fedelmente il cd da cui trae origine e nutrimento e per niente disposto a rinunciare a grandi classici del genere (dall’immortale “Aquarela do Brasil” a “Prá Machucar Meu Coração” e “A Baixa do Sapateiro” di Ary Barroso; da “Samba do Avião” di Tom Jobim all’antico e ancora freschissimo “Brasileirinho”; dall’elegante “Odeon” di Ernesto Nazareth ad “Asa Branca” di Luís Gonzaga, presentata con la sinuosissima viola caipira, una chitarra di cinque corde doppie; da “Lamentos do Morro” di Garoto a “Canto de Ossanha” di Vinícius e Baden Powell), la maggior parte dei quali generati tra gli anni trenta e i quaranta del novecento. Passando per un paio di proposte personali (“Prá Ficar Juntos” e “Lembrança” sono firmati da Gianluca Persichetti) e per “O Trenzinho do Caipira”, una composizione partorita da Heitor Villa Lobos, il primo in Brasile ad aver accostato la musica erudita a quella popolare (il brano, non a caso, fa parte delle celebri “bachianas brasileiras”). Concerto dai contenuti didattici, verrebbe da dire. Di assoluto rigore, tecnicamente parlando. Ma pure di vigore interpretativo, come testimoniano gli assoli robusti alle percussioni (agogo, pandeiro e reco reco compresi) e alla batteria di Stefano Rossini, personaggio di spessore assoluto nel proprio campo (è consulente per la costruzione degli strumenti UFIP, oltre che collaboratore storico della rivista «Percussioni», per la quale cura una rubrica didattica e una storica sulla musica popolare brasiliana). Vigore che nulla, peraltro, sottrae al delicato intreccio di note e di accordi su cui dichiaratamente il repertorio si aggrappa. Solidificando, al contempo, un concetto: quello secondo il quale non è obbligatorio continuare ad inseguire strade alternative. Il passato – musicale, in questo caso – può anche bastare e avanzare: indispensabile, piuttosto, è continuare a valorizzarlo con metodo e intelligenza. Con le intuizioni convinte, prima ancora che con il mestiere. E senza retorica.

Gianluca Persichetti (chitarra, viola caipira e cavaquinho) & Stefano Rossini (batteria e percussioni)
Taranto, Siddharta Jazz&Art
Dove C’è Musica C’è Speranza 2007

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)