venerdì 6 luglio 2012

Bari in Jazz, programmazione doppia

Nomi inarrivabili. Quest'anno Bari in Jazz si mette a strafare. Per il gaudio magno degli appassionati. Otto luglio: Chick Corea. Ventisette luglio: Keith Jarrett. Entrambi sul palcoscenico nobile del Petruzzelli. Che, poi, sono i protagonisti dei due appuntamenti, diciamo così, fuori cartellone. Ma, se non vi basta, nella quattrogiorni istituzionale c'è pure qualche altro evento davvero niente male: Maria João e Mário Laginha, il sestetto di Paolo Damiani, Maria Pia De Vito e il Progetto Makemba di Majid Bekkas. Tutti insieme, appassionatamente, all'interno del Summer Music Village del lungomare del capoluogo. La kermesse, malgrado i problemi già analizzati in passato, rilancia. Spostando, però, l'obiettivo sui live di prestigio, che dovrebbero catturare il grande pubblico. E tagliando, nel contempo, le date più propedeutiche al progetto originario. Anche per questo, allora, Bari in Jazz perde, alla fine di questa ottava edizione, il suo direttore artistico Roberto Ottaviano: stanco, fa sapere, di dover prendere atto di determinate situazioni quando le decisioni sulla programmazione (che dovrebbero transitare soprattutto da lui) sono state già assunte e ratificate da altri (è il caso dell'ingaggio dei big, direttamente gestiti da Puglia Sounds). E irritato da problematiche varie, già sviscerate su queste colonne negli ultimi due anni. Ma ribadite prima dello start: «Ritengo di aver contribuito a costruire un festival dotato di idee, di una visione, di un'identità. Inseguendo determinate strategie, aggrappandomi a determinate dinamiche, provando a coinvolgere le istituzioni attorno ad un genere musicale che, tradizionalmente, non raccoglie platee oceaniche. E puntando sulla progettualità, più che sull'onda emotiva che certi nomi e cognomi sanno agitare. Ma, quando un direttore artistico vede tradire certe logiche, continuare diventa impossibile. E poi, a mio modo di vedere, nell'organizzazione di un festival ci sono alcune priorità da soddisfare».
Lo spettacolo, però, continua. Partendo dal tre luglio, quando gli acuti e i bassi di Maria João Monteiro Grancha, accompagnati dal pianoforte di Mário Laginha, si dividono il palco con l'Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari, diretta da Lorenzo Marini. Symphonic Loves è un montaggio di differenti passaggi musicali (si va da brani mozambicani a composizioni brasiliane, passando ovviamente per il repertorio del suo Paese, il Portogallo) in cui la cantante lisbonese - che non è una fadista, come erroneamente riferito in fase di presentazione da molti media: sarebbe bastato documentarsi, prima - riesce ad offrire una gamma di vocalizzazioni delicate e, contemporaneamente, intense. Oggettivamente, però, la presenza del'orchestra finisce per ingabbiare la sua verve e il suo estro: il meglio, del resto, arriva quando Maria João (cinquantasei anni portati benissimo) duetta con Mário Laginha, pure lui palesemente liberato da vincoli e paletti. E, probabilmente, non aiutano neppure gli arrangiamenti scelti per l'occasione dallo stesso Laginha: tanto che il concerto fatica a decollare, acquisendo pienezza a metà percorso.
Appena ventiquattr'ore e Bari in Jazz bissa: sul palco, questa volta, il violoncellista Paolo Damiani ripropone, ventisette anni dopo, una vecchia idea presentata a Roccella Jonica, dove la matrice jazzistica si fonde con la tradizione sarda. Tracce di Anninnia è una suite in cui la Vanishing Band (formazione riveduta, così come sono riscritti gli spartiti) rilegge le ninna nanne isolane con fantasia, ironia e un po' di spirito free, sottolineato dalle suggessive incursioni e dallo scat di Diana Torto e Lauren Newton, dall'assidua presenza della batteria di Martin France, dagli assoli elettrici del francovietnamita Nguyen Le e dai fiati pastosi di Glenn Ferris e di Roberto Ottaviano. Il terzo appuntamento, invece, nasce dall'incrocio e dalla compensazione delle sonorità che arrivano da tre continenti diversi: l'Africa del marocchino Majid Bekkas e del maliano Ali Keita, l'Europa del sassofonista francese Louis Sclavis e il Sudamerica dell'esuberante Minino Garay. Il Progetto Makemba, sostenuto da un partner consolidato del festival quale è Alliance Française, è un momento riuscito di métissage o, per usare le parole del direttore artistico, di folklore immaginario. Il live, sin da sùbito, si trasforma in un affresco vivo e pulsante dove la commistione musicale abbatte qualsiasi barriera, seminando colori e sapori. Infine, chiude la rassegna (sei luglio) Crossing the Borders, l'incontro tra la voce di Maria Pia De Vito e il quintetto capitanato dal pianista napoletano Francesco Villani. Appositamente pensato per Bari in Jazz, il concerto si nutre di composizioni originali ben assemblate (dei fratelli Villani, di Gianni Falzone e del contrabbassista danese Jesper Bodilsen), alle quali si affancano due sole cover (una è "29 Settembre", resa celebre dagli Equipe '84 e da Lucio Battisti). Quattro situazioni dal vivo in altrettanti giorni: niente, numericamente parlando, in confronto all'edizione precedente, ma qualitativamente degnissime. Attendendo (ma questa è una storia parallela) il piano solo di Chick Corea e, successivamente, Keith Jarrett, Gary Peacock e Jack Dejohnette. Non gente qualsiasi.

Bari in Jazz 2012
Bari, Piazzale Cristoforo Colombo

Maria João (voce), Mário Laginha (pianoforte) & l'Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari diretta da Lorenzo Marini in "Symphonic Loves"
03.07.2012

Paolo Damiani (violoncello) & Vanishing Band (Diana Torto: voce; Lauren Newton: voce; Glenn Ferris: trombone; Roberto Ottaviano: sassofoni; Nguyen Le: chitarra elettrica; Martin France: batteria) in "Tracce di Anninnia"
04.07.2012

Majid Bekkas (voce e oud), Ali Keita (balafon), Louis Sclavis (sassofono) & Minino Garay (batteria) in "Progetto Makemba"
05.07.2012

Maria Pia De Vito (voce), Francesco Villani (pianoforte), Valerio Scrignoli (chitarra elettrica), Giovanni Falzone (tromba), Jesper Bodilsen (contrabbasso) & Pierluigi Villani (batteria) in "Crossing the Borders"
06.07.2012