sabato 2 luglio 2011

Il calcio di Servillo, Girotto e Mangalavite


Il pallone come metafora di quotidianità, di vita vissuta, orologio del tempo di tutti, testimone di un epoca comune, sinonimo di ostinazione, fantasia, debolezza, fatica, coraggio e sogno; dramma e commedia, eccitazione collettiva e solitudine individuale. Il pallone che infiamma la platea e i suoi teatranti, azzerando le rotte degli oceani. Il pallone di un Sudamerica epico e di un’Italia che lo rincorre. Il fútbol di Maradona: quello dell’Argentina di Natalio Luís Mangalavite e di Javier Girotto e quello della Napoli di Peppe Servillo, casertano con le radici divise a metà. Ma anche quello dell’Uruguay di Obdulio Varela, il generale di quella squadra che scippò il Mundial al Brasile di Ademir e di Zizinho, che poi diventò il Brasile di Barbosa, colpevole massimo del disastro del Maracanã. Il calcio e le sue magie. Quello di una volta. Quello delle maglie dall’uno all’undici. Delle divise senza sponsor. Ancora incontaminato dalle pay per view e dalla corsa sfrenata verso il consumismo, verso la modernità cieca. Il calcio che detta la sua musica.
Tre artisti, tre sensibilità. Tutti assieme, per avventurarsi nella festa e nell’emozione di una manciata di spicchi di cuoio cuciti, con un cuore di ossigeno puro. Servillo, Mangalavite e Girotto girano da un po': e il loro progetto (Fútbol, appunto) mistura pagine di letteratura contemporanea (quella di Osvaldo Soriano, per esempio, ma pure quella di Juan Cáceres), note, abilità scenica e improvvisazioni. Diventando il pretesto per allargare l’orizzonte alla piccole storie di ogni giorno, alla storie di chiunque. Non solo intrecci calcistici, dunque. Ma, sempre e comunque, fotografie di passione, armate di temperamento. L’ora di spettacolo, inserito nel cartellone della Notte Bianca 2011, la quinta edizione all’ombra del barocco di Lecce, si concede così la possibilità di presentare, per esempio, anche una versione in italiano della celebratissima “Insensatez“, una rivisitazione di un ipotetico incontro tra Liz Taylor e Richard Burton dietro le quinte e una miscela insondabile e sottile di jazz e canzone d’autore. Ritornando, infine, alla base. Al pallone. Persino al pallone dei giorni nostri, che pure – talvolta – riesce a ricavarsi degli spunti di tenera teatralità, di sincera innocenza. Come lo sfogo di Trapattoni nella conferenza stampa mitizzata dai media, ai tempi del Bayern. Punto di partenza che Servillo utilizza per disegnare il ritratto privato di un uomo qualunque, compresso dalle sue problematiche, dai propri conflitti privati. Perchè il calcio, quando non è arte, è vita.
Di sponda, certo, gioca anche il clima. Se quasi ovunque diluvia, in Salento si può circolare liberamente. Qualche nuvola incombe, ma non assale. E la brezza, a metà percorso, sostuisce l’umidità della sera. La programmazione si esaurisce al momento previsto, non prima, abbondantemente dopo le quattro: in tempo per assaporare l’alba che avanza. Chiude il sempre più istrionico (e politicamente incazzato: ce n’è per tutti) Cesare Dell’Anna con i suoi Opa Cupa, vestiti di sonorità molto meno balcaniche di un tempo, ma ugualmente immediate (la farfisa di Mauro Tre, del resto, conferisce alle sonorità della band venature differenti). E, in precedenza, per gli angoli del centro storico di Lecce si dividono i palchi jazzisti, rockettari, tangueros e pizzicati, mentre l’atrio di Palazzo dei Celestini ospita coro e orchestra. L’ultimo pensiero, poi, è per la Bandadriatica di Claudio Prima e per la canzone popolare di protesta dei Kalascima, in piazza Sant’Oronzo. Popolatissima sino alla fine delle musiche e della danze, ma anche oltre. Perchè è questa la forza intrinseca di una Notte Bianca organizzata con cura e con buon gusto artistico. Per la quinta estate di seguito, malgrado il momento di forte depressione delle politiche culturali, come puntualizza lo stesso Servillo, a fine esibizione. Vero. E proprio nel momento in cui altre realtà italiane, assolutamente di rilievo, hanno fermato la macchina organizzativa della propria Notte Bianca. Ricordiamocene. Glissando, ma non troppo, sulla sentenza del tifoso Servillo: «Maradona è meglio ’e Pelé». Falso. Non glielo consentiamo.

Peppe Servillo (voce), Natalio Luís Mangalavite (pianoforte e voce) & Javier Girotto(sax soprano, sax tenore e flauto) in “Fútbol“
Lecce, via Umberto I
Notte Bianca 2011