mercoledì 5 maggio 2010

I sette colori di Fabio Accardi


Nessuna fretta. Il disco esce quando può. Quando certe coordinate discografiche si raccordano. Quando la casualità e l’ostinazione determinano il momento. Succede sempre più spesso: anche perché il mercato è saturo e le offerte superano le richieste. Ma, intanto, il lavoro c’è e non fugge: pronto alla pubblicazione. Definitiva. E’ la storia di Arcoiris, primo album a proprio nome di Fabio Accardi, batterista assai dinamico della scena jazzistica di Puglia. Un album pronto da tempo (diciamo un paio di anni e anche qualcosa in più), ma commercializzato solo nell’ultimo febbraio dalla Mordente Record, etichetta che si aggrappa all’omonima associazione culturale di cui proprio il musicista barese è ispiratore, mente, braccio e cardine. Un disco, dunque, fatto in casa. Ma assolutamente lontano dal concetto di scontata autoproduzione: sia per la qualità della confezione (un dettaglio che fa spessore, in fondo) che per la freschezza e la leggerezza del prodotto musicale, una raccolta di dieci composizioni tutte scritte e arrangiate da Accardi e incise tra il febbraio e l’ottobre del 2007.
Le tracce rivelano una bella gamma di colori, puntando sulla melodia, su un jazz moderno, sulla collaborazione di un paio di nomi interessanti di questa terra (Mauro Gargano, contrabbassista ormai pienamente assorbito dai palcoscenici francesi e il pianista brindisino Nicola Andrioli, da tempo residente a Bruxelles) e di altri sei artisti (Sandro Zerafa alla chitarra, Jocelyn Mienniel al flauto e al sax soprano, Stéphan Caracci al vibrafono, Rémy De Cormeille al piano, Crystophe Panzani e Robin Verheien ai sassofoni) reclutati oltr’Alpe, dove Fabio Accardi ha vissuto e operato per alcuni anni, prima di tornare in riva all’Adriatico. “Cotanta Speme”, “A/R”, Chanson por un Film à Faire”, “Chissà, Forse un Giorno…, “Tesi al Cambio”, Settembre”, “Missed Departure” e “Iles Lontaines” sono brani che si ascoltano volentieri, ben costruiti. E che si completano con le sonorità più calde di “El Gato” e “As Vezes”, titoli che tradiscono l’altra passione di Accardi, quella per i ritmi che arrivano dal Sudamerica (del resto, l’interscambio artistico coltivato nel tempo con Rosália De Souza, Barbara Casini e Rosa Emília dice parecchio).
«Il progetto – rivela il trentasettenne batterista barese - è una risposta ad una mia urgenza espressiva. Ho pensato di esprimere il mio immaginario sonoro offrendo forma alle sensazioni ed alle emozioni venute fuori dalle esperienze vissute in questi anni, a contatto con diversi protagonisti. Arcoiris, poi, significa arcobaleno: un sostantivo che descrive perfettamente le infinite tonalità-sfumature delle sensazioni o delle emozioni, talora contrastanti, che emergono da incontri ed esperienze. Le sonorità che caratterizzano il disco, cioè, finiscono per diventare la colonna sonora di quelle situazioni». Arcoiris, una raccolta e una sintesi. «Sì. Di mondi musicali distanti tra loro, ma forse neanche tanto. Ovviamente, filtrati dalla mia immaginazione. Mondi che hanno contribuito a forgiare il mio universo sonoro. Primo fra tutti, quello di Pat Metheny, fonte preziosa d'ispirazione da cui ho attinto linfa vitale e attraverso il quale ho scoperto la musica brasiliana di Milton Nascmento, di Tom Jobim e di Egberto Gismonti, il lirismo assoluto e il profondo senso del blues di Ornette Coleman, oppure l'infinito romanticismo della musica di Bill Evans, il tango di Piazzolla e Gardel, il soul di Marvin Gaye e Stevie Wonder, il rock dei Led Zeppelin e dei Deep Purple, il pop di Paul McCartney, Bowie, Joe Jackson e di Sting. Senza dimenticare Ravel e Strawinsky e le colonne sonore di Bacharach, Legrand, Morricone ed Hermann. La gamma delle fonti di ispirazione, peraltro, è assai variegata, come quella dei colori dell'iride». L’arcobaleno e i suoi sette colori. Arcoiris e la sua musica scritta per sette musicisti. «Esatto: per sette musicisti, sette strumenti, sette timbri differenti. Sette colori che vibrano e che girano vorticosamente insieme, alla ricerca di una sonorità cristallina». Chiusa per due anni e qualcosa nel circo delle intenzioni. E, adesso, accessibile a tutti. Un disco, dicevamo, esce quando può: l’importante, però, è che il messaggio arrivi, prima o poi.

Arcoiris (Mordente Records, febbraio 2010)
Fabio Accardi (batteria), Mauro Gargano (contrabbaso), Sandro Zerafa (chitarra), Jocely Mienniel (flauto e sax soprano), Stéphan Caracci (vibrafono), Nicola Andrioli (pianoforte), Rémy De Cormeille (pianoforte), Chrystophe Panzani (sax soprano e sax tenore), Robin Verheien (sax soprano)

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)