venerdì 12 giugno 2009

Multiculturita 2009, due set per cominciare

Multiculturita è un summer festival che si conferma. Malgrado le insidie di questi tempi avversati dalla recessione. E che si amplia, geograficamente. Allargandosi, cioè, a Casamasima e Valenzano, in due distinte location di fascino che si aggiungono a quella – già ampiamente testata – del piazzale antistante la Reale Basilica di Capurso, dove la rassegna (alla settima edizione) è nata e cresciuta, conquistando nel tempo consensi e visibilità. Cioè apprezzamenti del pubblico ed adesioni (persino pregiate) di personalità consolidate nel panorama jazzistico nazionale e, spesso, anche internazionale. Si amplia, Multiculturita: se non per dispetto, per esigenza. Perché, scavando nel giardino delle motivazioni, il buon umore si sgonfia. Come spiega il líder máximo del progetto, un polemico (meglio: avvelenato) Michele Laricchia: «Capurso, evidentemente, non possiede spazi e argomenti da dedicare alla cultura e alla gente. Le amministrazioni cambiano, ma a noi non pensa nessuno. Logico, allora, guardare anche altrove. A Casamassima e Valenzano, per esempio. Il problema, alle nostre latitudini, è la volontà politica. E, badate bene, il marchio Multiculturita non ha nulla a che vedere con maggioranza o opposizioni. A noi piace offrire musica, al di là di chi ci governa. E questa nuova avventura è un ulteriore sforzo dell’associazione Porta del Lago, che mantiene un impegno ormai tradizionale senza il sostegno della politica cittadina».
Il festival, oltre tutto, corregge il proprio format. Questa volta si parte un po’ prima, nella prima metà di giugno, con un’anticipazione robusta, ovvero con un doppio live all’interno del Chiostro della Reale Basilica. Un doppio live che serve da prologo pubblicitario, innanzi tutto. «La scelta è precisa – spiega Laricchia - : meglio risparmiare sul materiale divulgativo, come la cartellonistica, ed investire maggiormente sulla musica. Offrendo praticamente un appuntamento in più, utile anche e soprattutto a presentare ufficialmente il cartellone programmato per luglio, periodo nel quale ospiteremo l’ensemble di Mino Lacirignola, i Quintorigo e Luisa Cottifogli (il 2, ndi), il quartetto capitanato da Vito Di Modugno (giorno 8, ndi), il Mina Agossi Trio (il 14, ndi) e il sestetto del cubano Arturo Sandoval (è l’evento certamente più atteso, previsto per il 21, ndi)». E la prima, sia detto sùbito, non è affatto male. Tutt’altro. Perché si dividono il palco un protagonista rampante della scena pugliese (il pianista Livio Minafra, miglior giovane talento jazz per il 2008, ormai destinato ad un percorso artistico di spessore, sovvenzionato com’è da creatività e copertura mediatica, che non disturba mai) e un duo di prestigio più consolidato (la voce della napoletana Maria Pia De Vito incontra il pianoforte e l’istinto del gallese Huw Warren). E la miscela è una serata attraversata da tonalità, colori, vivacità e intuizioni.
Minafra, ovviamente, spende l’esibizione per pubblicizzare un lavoro dell’anno scorso, che vanta già vernissage distribuiti un po’ ovunque, «La Fiamma e il Cristallo», disco in cui il musicista ruvese debutta nel ruolo di solista. Ventisette anni, parola facile e atteggiamento informale: il ragazzo sa approcciare con la gente e utilizza la personalità di cui dispone, senza filtrarla. Il suo pianismo è moderno, fresco, ironico, istrionico. Naviga tra ritmi incalzanti e scale armoniche accattivanti. Non inventa niente, ma ha imparato a gestire bene il rapporto con la platea. Limando alcune forzature del passato, probabilmente. E ricordando, da questo punto di vista, il più navigato Allevi. Del quale, sicuramente, possiede più sfrontatezza. E maggior naturalezza. «Volevo diventare un batterista, poi mi hanno messo a suonare il pianoforte e mi sono adattato», dice. «Provo attrazione per i Balcani (l’esperienza formativa alla ledership della Municipale Balcanica è un ricordo piacevole, ndi), ma anche per l’Africa e qualche altro angolo del pianeta, come la Turchia». “Bulgaria”, invece, è un pezzo che si avvale della collaborazione (simpaticamente estorta) di un ascoltatore scelto tra il pubblico, che deve disporre sulle corde del piano, ad esecuzione in corso, oggetti che contribuiscono ad arricchire la melodia. Dopo tutto, la musica è leggerezza, allegria.
Secondo set, altra scena. La voce duttile di Maria Pia De Vito e l’improvvisazione serrata del piano di Huw Warren interagiscono in un repertorio gravido di orpelli e di slanci un po’ naif, ma di assoluta brillantezza interpretativa. «Diàlektos», la loro recente produzione discografica, sa gradevolmente spartirsi tra Napoli e il Brasile, tra una poesia (opportunamente musicata) del principe De Curtis, uno spartito firmato da Rita Marcotulli (“Miguelim”), l’immensa Beatriz (di Edu Lobo e Chico Buarque, ma interpretata da Milton Nascimento ne «O Grande Circo Místico») e altre cose ancora. «Diàlektos – sottolinea la vocalist partenopea – è la lingua specifica di ogni popolo, ma significa anche dialogo, conversazione, articolazione della parola. Per noi, però, significa anche improvvisazione». Ovvero, il segno distintivo di un progetto nato su Myspace. O quasi. «E sì, perché io e Huw ci siamo incontrati un paio di anni fa, dopo esserci scambiati opinioni e complimenti sulla strada virtuale del web. Anzi, proprio su Myspace ho ascoltato la sua musica, che mi ha immediatamente rapita. A quel punto, dopo aver ricevuto un invito in Inghilterra, al festival di Appleby, mi sono presentata al suo fianco». Ben fatto. E approvato.

Livio Minafra (pianoforte)

Maria Pia De Vito (vce) & Huw Warren (pianoforte)

Capurso, Chiostro della Reale Basilica
Multiculturita Summer Festival 2009

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)