giovedì 11 ottobre 2007

Il Mediterraneo di Savina

Il Mediterraneo si apre. Sempre di più. Alle relazioni interetniche, all’interscambio artistico. Il processo di confronto e condivisione (di ideali: musicali e, quindi, culturali) procede sicuro, s’intensifica. Ne hanno parlato e ne parlano diffusamente, ne parliamo anche noi: da tempo. La novità non esiste. Registriamo, piuttosto, il fiorire di iniziative che tendono a consolidare i rapporti tra genti di estrazione e provenienza diversi: oggi assolutamente necessari e conseguenziali, a fronte dei mutamenti sociali del ventesimo e, soprattutto, del ventunesimo secolo. Il Mediterraneo si apre e, perciò, si restringe. Nel senso che le distanze si abbattono e che quel mare un po’ chiuso e bollente non è più frontiera, ma campo aperto. Malgrado certe occlusioni mentali resistano forte, un po’ ovunque. E nonostante lo scenario politico non produca troppi argomenti per rallegrarsi. Il Mediterraneo può essere attraversato anche nello spazio di qualche canzone, da una riva all’altra. Incrociando le rotte dei fenici e gli istinti migratori dei giorni nostri. Accompagnando l’esigenza di plasmare peculiarità differenti, abitudini diverse e religioni oppostre. Del resto, la canzone (tradizionale oppure no: fa lo stesso) e, più in generale, la musica hanno insegnato e insegnano a riunire. Obiettivo che anima anche la produzione di Savina Yannatou, greca minuta dalla voce duttile e marcata. Una di quelle voci abili a dispensare atmosfere senza tempo, a scavare in profondità, a strappare dalla terra – da tutte le terre – le nostalgie ancestrali, il dolore quotidiano, la bellezza dei momenti più semplici. Che, poi, sono i fotogrammi di una storia, di una storia comune. La storia di tutti noi: musulmani, cristiani, ebrei, atei e maroniti, conservatori e progressisti. Il fascino mediterraneo e l’eleganza spontanea di Savina Yannatou è riapparso sui palcoscenici di Puglia. Per l’occasione, su quello del Teatro Kismet OperA di Bari, che ha ospitato la terza puntata di “Soul Makossa”, la (ormai rituale) rassegna approntata dal dinamico Centro Interculturale Abusuan di Bari, un contenitore attento all’importanza e alla complessità del vocabolo “contaminazione” e del concetto di interscambio. Il live dell’artista ateniese, oltre tutto, costituiva uno dei cardini del cartellone dell’ottava edizione, interamente dedicata alla figura femminile. Scelta, peraltro, dettata da una particolarità del duemilasette, anno europeo per le pari opportunità e l’uguaglianza tra uomini e donne, direttamente promosso dal Parlamento di Strasburgo. E, allora, in un’ora e mezza ben strutturata, partendo proprio dalla Grecia, Savina e la “Primavera en Salonico”, formazione che la accompagna (contrabbasso, fisarmonica, violino, percussioni, chitarra, bouzouki e fiati) hanno immediatamente sconfinato nel repertorio dei canti del sud dell’Italia (dalla Sicilia alla Sardegna), dell’Armenia, delle terre arabo-andaluse, della Galizia, delle genti israelite e della Palestina (con una canzone tradizionalemnte eseguita nel corso delle ricorrenze di nozze). Non dimenticando la delicatezza terragna e quella leggerezza penetrante che attualizza il passato, riproposto con giochi vocali ricorrenti, ma non ingombranti. E regalando momenti di musica autentica, agile. Buona a sostenere l’idea di Mediterraneo su cui insistere e applicarsi ancora: anche se ne parlano tutti. Anche se le rotte che lo solcano possono rivelarsi eccessivamente sfruttate, prigioniere di una moda o, peggio ancora, di un’assuefazione. Nemici subdoli dai quali diffidare. Vigilando con cura.

Savina Yannatou (voce) & Primavera in Salonico
Bari, Teatro Kismet OperA
Soul Makossa 2007

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)