giovedì 13 settembre 2007

La voce delle donne

Un palcoscenico in accentuata penombra, un microfono. Una voce, una chitarra. Una donna. Lucilla Galeazzi canta la sua musica, che è un po’ la musica dell’Italia intera. L’Italia popolare di sempre, l’Italia trasversale e viscerale, sofferente e profonda, nascosta e sconosciuta. L’Italia dei quattro punti cardinali, delle campagne e delle risaie, della periferia e delle fabbriche. Quella che non passa dalle televisioni e dalle radio, dai canali istituzionali e da quelli commerciali. Lucilla Galeazzi è una donna. Sola, con la sua chitarra. E con la sua voce. Quella voce che è sintesi della voce e del pensiero di tanti. Senza volto. Una voce che persegue la lunga strada che parte dagli albori del novecento per solcare gli anni difficili della guerra, del dopoguerra e dell’indusrializzazione. Voce che arriva fluida alla contemporaneità di questi giorni: satura, modulata, gravida di emozioni, pregna di sensazioni. L’artista ternana è un’intuizione felice dell’Associazione “Terrae”, che ha voluto e preparato la rassegna “Domine – Tre al Femminile”, sponsorizzata dalla Regione Puglia e dall’amministrazione comunale di Gioia del Colle e presentata nello stesso centro della Terra di Bari, al Teatro “Rossini”. Felice malgrado la concomitanza ingombrante (e presumibilmente vincolante, considerata l’inadeguata affluenza di pubblico) con la diretta via etere della performance dell’Italia di Donadoni in Ucraina. Felice per il viaggio che porta in dote: viaggio nella penisola, senza rotta precisa, inseguendo il vento dei ricordi, le parole o, forse, l’istinto. Braccando le storie, il passato scomodo, i volti. Soprattutto i volti. «La musica popolare, diceva il mio maestro, non è fatta di note, ma di facce. Ed è un modo di intendere la vita e la comunicazione», certifica lei. E, così, il viaggio parte dalla Valnerina, nelle contrade di Norcia: proprio dove, anni addietro, cominciò il suo lavoro di ricerca, continua, assidua, attenta. Nei poderi, direttamente dalle fonti dei braccianti, nelle case. Ricerca mirata: dei motivi da tradurre in canzoni, ma – soprattutto – dei cantori, dei narratori. E proseguita, più tardi, tra le mondine o gli operai. Senza dimenticare di rielaborare i racconti di una guerra ormai lontana, ma ancora culturalmente vicina. Badando all’essenzialità nella melodia. Leggendo. E ascoltando (e riascoltando) testimonianze in vinile del patrimonio popolare. Poi, dalla Valnerina alla Toscana, la terra dei rispetti, vere e proprie forme poetiche. La Toscana di “Maremma”, artisticamente battuta da Caterina Aguero, un’altra donna della canzone sommersa di un’Italia infinita. Come Rosa Baldassarri, o Giovanna Daffini: dalle quali Lucilla Galeazzi si fa accompagnare, consigliare, indirizzare. Sul filo di una tensione che, però, non assale. E, dalla Toscana, si approda in Sicilia e, immediatamente dopo, si risale l’Appennino, toccando l’Emilia. La voce è duttile. Ed è una voce che parla essenzialmente di donne e del loro mondo, indissolubilmente legato agli accadimenti sociali di un Paese in evoluzione. Partendo dalle donne e dalla loro angolazione. Donne come Giovanna Marini. «Che mi ha insegnato tanto: ad esempio, il rispetto per questa musica e la capacità di reinventare un canto o una melodia». Dall’Emilia, allora, si navigano le acque basse delle risaie padane: la versione delle mondine di “Bella Ciao” è lenta e plastica, avvolgente. Ma Lucilla è anche autrice: “Voglio una Casa” è una storia popolare senza radici nel passato, ma con l’eredità genetica della tradizione. E produzione propria è anche un disco recente come «Amore e Acciaio», direttamente ispiratole da Terni, la sua città. Che è poi la terra di San Valentino e, al contempo, uno dei poli siderurgici italiani. E’ tempo, intanto, di tornare ad esplorare i sentieri del sud, entrando in Calabria (con un testo e una musica attinta dal repertorio di Ambrogio Sparagna) e, quindi, in Campania (è l’omaggio a Roberto de Simone). Ma il viaggio deve consumarsi: e lo fa nella vivacità del salterello («il cugino della tarantella, ritmo proprio di quelle zone che, storicamente, non fecero parte del Regno delle Due Sicile, rimanendo affrancate al potere del Papa»), ancora eseguito nelle regioni centrali di un’Italia che, talvolta, riesce persino a non dimenticare il proprio retroterra storico e culturale. Scansando il palco generalista delle televisioni e infilandosi tra la gente, nelle piazze, nei borghi storici, oppure nei teatri. Tre universi da cui - ostinatamente, orgogliosamente – qualcuno riparte. Ripercorrendo gli indizi della memoria.

Lucilla Galeazzi (voce e chitarra) in “Mi Do Arie”
Gioia del Colle (BA), Teatro “Rossini”
Domina – Tre al Femminile

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)