domenica 22 ottobre 2006

Alta produttività

La produttività incalzante non è un problema. E le frequentissime visite nelle sale d’incisioni non sono un ostacolo. Anche se il pericolo subdolo dell’impasse è commercialmente implicito. Parole di Guido Di Leone, compositore barese che, a Capurso (Sala Botticelli dell’Hotel ’90), ha presentato ufficialmente la fatica ultima, «Walkin’ Ahead», partorita nel marzo scorso con la complicità del batterista torinese Alessandro Minetto, del caldo sassofonista Barend Middelhoff (olandese di Den Haag, ma bolognese di residenza) e del contrabbassista romano Pietro Ciancaglini. Del resto, Questions & Notes, voluta dall’Associazione "Porta del Lago" e coordinata dal direttore artistico della manifestazione, Michele Laruccia (per intenderci: è l’attore primo del Multicilturita Summer Jazz Festival di Capurso) è una rassegna che si pregia di sottoporre al pubblico lavori originali prodotti in terra di Puglia, da artisti pugliesi. Coinvolti, prima del live, in un sintetico dibattito dove è possibile comprendere il progetto e le intenzioni che lo sorreggono: situazione, per l’occasione, moderata dall’ormai consumata esperienza di Alceste Ayroldi, una delle anime di Jazzitalia, partner principale dell’appuntamento. Walking’ Ahead, distribuito da pochissimi giorni, è il frutto più recente dell’antica collaborazione di Guido Di Leone con la label tedesca Yvp Music, ma è pure l’ennesimo album lanciato sul mercato discografico a proprio nome o a nome di una formazione in cui il chitarrista (e, da un po’, anche il batterista) è punto di riferimento. Pratica, questa, rinvigoritasi in questi ultimi mesi, per la verità: da quando, cioè, Di Leone ha fondato – con altri musicisti – un’etichetta indipendente, la Fo(u)r. Ma questa è un’altra storia. «E’ vero, non lo nascondo. In estate, per esempio, è uscito il primo album del Trio De Janeiro, del quale faccio parte, e prima ancora ho registrato diversi altri progetti. E l’intervallo tra un cd e l’altro ha coperto tempi ridottissimi. Produco tanto, lo ammetto. E, forse, da un certo punto di vista, sarebbe più opportuno calibrare le presenze, sugli scaffali. Però, sono convinto che un disco resti un biglietto da visita, per un artista. Di più, un quadro. E poi non dimenticherò mai quello che accadde anni fa: preparammo, prima della morte di Fellini, un vasto repertorio di musiche tratte dal bagaglio di Nino Rota, un autore che ho particolarmente amato. Avremmo dovuto inciderle, ma rimandammo. Scomparso Fellini, legato indissolubilmente alle opere di Rota, molti altri ci rubarono l’idea e confezionarono diversi prodotti, bruciando il nostro lavoro. Che non fu mai più approntato».Un concerto non è un disco. E un disco non è un concerto. Ma la presentazione di Capurso ha saputo segnalarsi per l’intensità, soprattutto. E per quelle sonorità adesso fresche e frizzanti, ora particolarmente dense, ma anche di immediata assimilazione. O per quelle note sempre rotonde: ravvivate – consentitecelo – da una batteria che, da queste parti, era transitata veloce in qualche avvenimento non eccessivamente reclamizzato: quella di Alessandro Minetto. «Generalmente – prosegue Guido Di Leone – elaboro un progetto musicale e poi scelgo i musicisti che dovranno eseguirlo. In questo caso, invece, è avvenuto il contrario: mi sono trovato casualmente a suonare con i miei futuri compagni di viaggio. In una di quelle situazioni che solo il jazz può offrire: senza provare. Cioè, ci siamo conosciuti e abbiamo cominciato a suonare: e, allora, mi sono invaghito del loro sound. Ho riscontrato affinità e intesa, da sùbito. Adesso, non abbiamo neanche bisogno di comunicare: ci regoliamo con uno sguardo».La musica è come la vita. E’ arte dell’incontro. Vinícius De Moraes non sbagliava. «Due giorni dopo aver conosciuto Barend, Alessandro e Pietro ho cominciato a comporre cinque brani di questo cd («Walkin’ Ahead» è un incrocio di nove tracce, ndr). E, poco più in là, abbiamo inciso». Facendo convergere pezzi originali (“Walkin’ Ahead”, che offre il titolo all’intero disco, “Soft Blow”, “Hypnotic Waltz”, “Spring Board” e “The Dishwater Tune”) e cover riarrangiate (“Westwood Walk” di Mulligan, “III Wind” e “I’ve Got the World on a String” di Arlen-Koehler, “Mia Malinconia”, tema principale dell’«Amarcord» felliniano, di Nino Rota). E senza dimenticare di aggiungere un’abbondante fragranza di west coast. «Che gradisco infinitamente, contrariamente a molti jazzisti». Guido Di Leone ci riprova. In attesa della prossima intuizione. Imminente, immaginiamo.

Guido Di Leone Quartet (Guido Di Leone: chitarra; Barend Middelhoff: sassofono; Pietro Ciancaglini: contrabbasso; Alessandro Minetto: batteria)
Capurso (BA), Sala Botticelli dell’Hotel ‘90
Questions & Notes

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)