venerdì 22 settembre 2006

Il nastro è riavvolto

Recuperare la strada interrotta, questo è il problema. Anzi, questo è il punto. Perché, probabilmente, un problema non è. Perché, magari, si tratta semplicemente di un’esigenza interiore, squisitamente artistica. Oppure di un piacere assolutamente personale. E poi i tempi cambiano. E, dal momento che nulla si inventa, ripercorrere le curve della memoria si può. Diciamo anche che, talvolta, la nostalgia corrode. E che Ivano Fossati, alle tematiche legate alla nostalgia, non ha mai rinunciato, vantandosene. Il dato, intanto, è di lettura agevole: il nuovo ciclo di live del cantautore genovese è di impatto generosamente rockettaro, come già ampiamente certificato dall’ultimo lavoro pubblicato (L’Arcangelo) e dalla progressiva inversione di tendenza del suo percorso musicale negli ultimissimi tempi. Nessuna sorpresa, dunque, a Lecce (Chiostro del Palazzo dei Celestini, cioè l’attuale Palazzo dell’Amministrazione Provinciale, sotto la regia di Deltaconcerti). Anche perché, in fondo, Fossati si riaccosta alle origini. E non solo con le note. Ma, anche e soprattutto, con i testi: adesso decisamente più espliciti e meno raffinati, più immediati e meglio decodificabili. Pensandoci bene, oltre tutto, l’utilizzazione massiccia della chitarra (il pianoforte c’è, ma compare e scompare) significa più di qualcosa. Finendo con l’indirizzare, l’influenzare. E modificando l’atmosfera. La terza vita di Fossati, cioè, sembra parente più stretta della prima, piuttosto che della seconda, peraltro mai abiurata. Tanto, comunque, da sussultare all’improvviso. E graffiare, quando serve. Intendiamoci: nel mare delle proposte che sgorgano dagli ultimi due album confezionati continuano a spuntare i marchi indelebili di “La Madonna Nera”, “La Pianta del Te’” e “Mio Fratello Che Guardi il Mondo”, oppure le note de “La Canzone Popolare” o de “I Treni a Vapore”. Però, ad esempio, la rinuncia all’interpretazione di almeno un brano di «Discanto», un disco ormai datato – ma assolutamente fondamentale, nel tragitto storico dell’artista ligure – non passa inosservata. Proprio no. Ancora: anche l’approccio (musicalmente robusto) del concerto è indicativo: “Ventilazione” è un brano stagionato, eppure mai troppo proposto dal vivo, negli anni precedenti. “La Crisi”, sùbito dopo, trascina problematiche dei nostri giorni con un linguaggio trasparente, semplice, cioè privo di mediazioni verbali di fossatiana memoria. “Ho Sognato Una Strada” – che, per la cronaca, apre L’Arcangelo – è invece una finestra sulle guerre (preventive oppure no) sacrificate per il controllo delle strategie petrolifere. Ed è lo spunto ideale per soffermarsi sull’attività di Amnesty International e per introdurre “Pane e Coraggio” e “L’Arcangelo”, storie di marginali ed emarginati assorbiti da mondi diversi («La speranza si compra/ Ma tutto il resto si vende»). Di sèguito arriva la delicata “L’Amore Fa” («L’amore fa la guerra agli idioti, agli arroganti pericolosi…/ L’amore è una puttana/ Che onora la bellezza»), che introduce i pezzi di maggiore impegno, come la recentissima “Cara Democrazia” (Cara democrazia/ Sono stato al tuo gioco/ Anche quando il gioco si era fatto pesante…/Sono stato tradito/ O sono stato ingannato/ Con quanta leggerezza/ Sono stato alleggerito). I balconi del ricordo, intanto, si affacciano sulla sintesi del tributo: “Ragazzo Mio”, di Luigi Tenco, si porta dietro – come garantisce lo stesso Fossati - «un genere di scrittura difficile» («Non credere che gli uomini senza idee per primi vanno a fondo»). Appena più tardi, invece, l’immancabile “Panama” si veste di tonalità decisamente elettroniche, mentre “La Musica Che Gira Intorno”, un classico amatissimo, chiude il repertorio, anticipando i bis (cinque: “Il Bacio Sulla Bocca”, “Questi Posti Davanti al Mare”, “La Canzone Popolare”, la toccante “C’è Tempo” e “Il Disertore”, del francese Vian). Ma, ad applausi esauriti, resta una certezza: qualcosa è cambiato. Oppure, niente sembra essere davvero cambiato. Il nastro si riavvolge. E tutto ritorna al proprio posto.

Ivano Fossati (voce, chitarra e pianoforte), Mirko Guerrini (sassofono, fisarmonica, pianoforte e tastiera), Pietro Cantarelli (pianoforte e tastiera), Fabrizio Barale (chitarre), Riccardo Galardini (chitarre), Daniele Mencarelli (basso e basso elettrico), Claudio Fossati (batteria), Marco Fadda (percussioni)
Lecce, Chiostro del Palazzo dei Celestini

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)