lunedì 22 luglio 2013

Ozionà, il vecchio cantautorato che resiste

Probabilmente, in qualche angolo della nostra quotidianità edulcorata, globalizzata e anche un po' impalpabile, la canzone d'autore - quella di una volta, impegnata e gravida di concetti, magari datati e ampiamente metabolizzati, ma non per questo inutili o dannosi - resiste ancora. Eppure, la scarsa densità di contenuti incasellati tra gli spartiti ci aveva ultimamente preoccupati: siamo sinceri. E all'invasione incondizinata del pop dichiaratamente superficiale (non solo nel panorama cantautorale, ma praticamente ovunque, jazz compreso), ci stavamo ormai tristemente e lentamente abituando. Invece, qua e là, l'energia delle parole continua ottusamente e orgogliosamente a sgomitare: forse, per semplice istinto di sopravvivenza. O per una mera questione di ribellione: all'omologazione, innanzi tutto. O, forse, perchè non siamo tutti uguali e non sviluppiamo tutti gli stessi pensieri. Fortunatamente. Ecco, sì: quella canzone socialmente utile di un tempo - diciamo pure quella che abbiamo ereditato dai Lolli, dai De Andrè, dai Guccini, dai Fossati - e che abbiamo perso, anche per difetto di talento di chi è arrivato dopo, per la strada dell'uniformazione non è ancora del tutto evaporata. E combatte stoicamente. E' un dato oggettivo, di cui tenere conto. Ed è bastato dedicare settancinque minuti ad uno degli appuntamenti organizzati (in quest'estate sin qui mediamente povera e musicalmente un po' grigia) dall'amministrazione comunale di Polignano, per continuare a sperare.
Sul palco allestito in piazza San Benedetto, un vecchio ragazzo dal passato colorato di rock e illusioni: Fernando Grande, universalmente conosciuto anche con lo pseudonimo di Ozionà, chitarrista ormai stagionato e polemista rinvigorito dallo scorrere delle stagioni e delle avventure, più o meno all'inizio del nuovo millennio si è inventato un secondo percorso musicale. Cioè, un cammino più maturo e più intrigante, contenitore di differenti esperienze personali ed espressione di motivazioni evidentemente ancora cristalline. Che ci è piaciuto non poco, non lo nascondiamo: lasciandoci, anzi, positivamente sorpresi. Anche per quella freschezza del progetto che ha saputo miscelare melodia (gli arrangiamenti nascondono una certa impronta rockeggiante, ma ammiccano saggiamente alla musica popolare e alla world music, passando per la magia del teatro-canzone) e testi (pensati e poi scritti con consumato mestiere). Percorso, sia detto chiaramente, al quale l'autore monopolitano non è arrivato per caso: ma lavorando nell'ombra per anni interi. Sino a regalarsi tre album: Sia Quel Che Sia (2000), Magie di un Vento (2002, presentato anche sul palcoscenico di Zelig da Annamaria Barbera) e il più recente Tela di Ragno (dieci tracce edite nel 2007). Disco, quest'ultimo, niente affatto innovativo (nessuno può inventarsi più nulla, ci mancherebbe), ma di spessore eccellente. Dove convivono i temi più cari alla canzone d'autore più verace: la libertà, la dignità, la giustizia, la coscienza, l'uomo, la morte. La vita reale, quella di tutti i giorni. Di tutti noi.
Ozionà, che alla canzone d'autore arriva gradualmente (a proposito: il festival Voci dal Ponte che, da diversi anni, organizza non senza qualche difficoltà finisce per incidere profondamente sulle sue scelte artistiche: non ce l'ha confidato, ma di questo siamo sicuri), riesce a confezionare uno spettacolo accattivante, che scorre sereno, malgrado la natura - diciamo pure ostica - dei contenuti. L'apporto calibrato dell'elemento squisitamente musicale, dunque, diventa assolutamente imprescindibile: la chitarra e la batteria dello stesso Fernando Grande, il basso di Tonio Napolitano, il sassofono di Giovanni Longo e la fisarmonica di Francesco Giancola stemperano con puntualità l'impatto dei testi e annientano sul nascere tutte le possibili frizioni che possono allearsi nel corso di un ascolto impegnativo e, perciò, anche pericoloso (la gente diffida sempre più dell'impegno e del politicamente corretto). Oso – Un Viaggio nella Coscienza dell’Uomo è un lavoro, se vogliamo, multimediale (cioè preceduto da un cortometraggio proiettato prima del live e che, tra l'altro, ci ricorda un'amara verità: la giustizia è come una tela di ragno, che intrappola gli insetti più piccoli, facendo passare i più grandi) e, di contro, non è un progetto che proprio chiunque può masticare troppo allegramente, ma possiede la grazia di non spaventare, di non intimorire. E il risultato, riteniamo, è tutt'altro che indifferente. Anche se, alla fine, in platea viene a mancare il pubblico delle occasioni più popolari, quello più affezionato al passeggio di Polignano o alle esibizioni di una cover band qualsiasi. Ma, in fondo, non è un problema grosso: pochi (non pochissimi, intendiamoci), ma buoni. Cioè attenti. E sufficientemente silenziosi. Davanti alla gradinata di piazza San Benedetto non accadeva da secoli.

Ozionà (voce, chitarra, batteria etnica e percussioni), Tonio Napolitano (basso), Giovanni Longo (sassofono) & Francesco Giancola (fisarmonica) in "Oso - Un Viaggio nella Coscienza dell'Uomo"
Polignano a Mare (BA), Piazza San Benedetto
Inside the Blue 2013

(foto Michele Pezzolla)