sabato 20 dicembre 2008

Vecchioni, tra spiritualità e letteratura

Tra il sacro e il profano. Ma non esattamente a metà strada. Anzi, più spirituale che altro. Anche se umanamente terreno. Con la forza interiore di chi ha qualcosa da comunicare. Oltre le note e al di là del palcoscenico. O di chi ha vissuto tra la musica e letteratura per una vita. E che, adesso, può permettersi di spendere due soldi di saggezza, spigolando tra il mistico e la realtà. Senza rinunciare alla laicità degli intellettuali. Come soprattutto i cantautori, certe volte, sanno essere: guardando i giorni che scorrono dall’angolazione privilegiata del navigare tra la gente. Roberto Vecchioni, così, non l’avevamo mai ascoltato. No, così avvolto da una spiritualità che solo il periodo natalizio può dettare e stimolare, mai.
Lui, la sua voce rassicurante e un quintetto d’archi. Un pianoforte e un incrocio coordinato di citazioni, poesie, pensieri, parole, canzoni e musica classica. Saltando agevolmente da Madre Teresa di Calcutta a Mozart, da Vittorio Gassman a Neruda, da Giovanni XXIII e Gandhi a De Andrè, dalla produzione propria alla tradizione della festa dicembrina. Colloquiando con il pubblico e, neppure troppo velatamente, dialogando con Dio. In una chiesa. Di più: nell’Abbazia della Madonna della Scala, cinque chilometri al di là di Noci, uno degli angoli di Puglia dove sembra tornare volentieri (per la terza volta, precisamente). Sono le tracce di “In-Cantus”, il progetto sottopostogli da Giovanni D’Onghia, custode della direzione del Nu Ork Quintet. Un progetto immediatamente sposato: con entusiasmo, diremmo. E con convinzione, ci pare di aver capito. E, innanzi tutto, con naturalezza. Che si dirama in un certo numero di date, tutte fissate nel meridione della penisola, e soprattutto tra lo Jonio e l’Adriatico: Noci a parte, in questi giorni e a queste latitudini il concerto passa anche da Foggia e Galatina.
«Non sono un tenore e non sono un soprano. Sono solo un cantautore. E, perciò, interpreto da cantautore anche questa scaletta tutt’altro che convenzionale. Però, interpreto con l’anima. Ed è questo il dato più importante: in occasioni speciali come queste, ma anche nelle occasioni di tutti i giorni, di sempre. L’esperienza, comunque, è bella e, soprattutto, insolita». E anche gratificante, aggiungiamo: per i protagonisti e per la platea. Il live, di buon gusto e solidi principii, è affrontato con carisma e personalità consumata. Del resto, quarant’anni sul palco non scivolano invano. Ed è uno spettacolo che, a dispetto di qualsiasi previsione, non pesa, né s’impantana. Che non si trascina, ramificandosi fluidamente. E che non si accartoccia su se stesso, perché non cede mai alla tentazione dell’operazione commerciale. Neppure quando sgorga lo spartito di “Jingle Bell”, un must del periodo di Natale. Al quale l’artista milanese non può (e non vuole) sottrarsi.
No, non c’è nulla di scontato. O, peggio, di stantio. Il confezionamento del concerto è la prova provata: il quintetto d’archi accompagna con eleganza le parole di “Blu Moon” e la rivisitazione vecchioniana di un lavoro di Rachmaninov, ma arricchito dai versi di Borges, commistione suggestiva e assolutamente appetitosa. Oppure le versioni toccanti di “Luci a San Siro” e di “Samarcanda” e quelle di altre composizioni mai proposte da vivo, prima di adesso. «Ho scelto bene i compagni di viaggio, che mi hanno aiutato a scegliere un repertorio che, così com’è, per me è assolutamente nuovo. E, ovviamente, allestito per questa specifica avventura, che non avrei potuto sostenere senza di loro». Non c’è neppure spazio per parole superflue. Il professor Vecchioni non si veste da docente, ma spiega il suo rapporto con lo spirito e la spiritualità, tenendosi lontano dai luoghi comuni. Ed è sempre un rapporto franco, sincero, trasparente. «Mi auguro che ognuno veda chiaro dentro di sé. E poi io non sono venuto qui a risolvere nulla, ma sono arrivato per cantare e far cantare».

Roberto Vecchioni (voce), Giuseppe D’Onghia (pianoforte e direzione) & il Nu Ork Quintet (Anton Berovski: violino; Nico Ciricugno: violino; Giuseppe Donnici: viola; Vincenzo Taroni: violoncello; Daniele Roccato: contrabbasso) in “In-Cantus”
Noci (BA), Abbazia della Madonna della Scala

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)