sabato 12 gennaio 2008

L'impronta netta di Irio de Paula

Dal Manuja al Ramblas. Dalle note di notte romane all'evento di gennaio del club tarantino. Sembra che il tempo sia passato lento. E, invece, sono scivolati trent'anni e anche qualcosa di più. Tutti spesi abbracciando una chitarra avvolta negli accordi della bossa nova e dei suoi immediati dintorni: dallo choro al baião. Tutti consumati nelle atmosfere di un Paese sospeso tra ricordi e magia, quel Brasile lasciato nel millenovecentosettantatre e sempre troppo distante. Tutti collezionati a rincorrere ingaggi e concerti, luoghi e situazioni. Irio De Paula è in Italia quasi da sempre, ma trasporta ancora la delicatezza della sua terra. E della sua musica, radicata e immutata. Come è immutata la trasparenza del suo talento e quella tecnica che avvolge e che ancora sconvolge chi non lo conosce.Irio, oggi, è un anziano signore che si perde con nonchalance tra le finezze acustiche del suo strumento. E' schivo e riservato come una volta, ma è lo stesso virtuoso che ricordavamo. Sì, forse il tempo si è fermato. Oppure è passato troppo lento. Ma quelle sonorità un po' datate del violão sono ancora vive, fresche. E anche se il repertorio proposto non attinge alla fonte della novità (il pubblico italiano ha l'irrefrenabile bisogno di riparare sotto il tetto dei motivi più navigati, più conosciuti e l'artista non può ignorare il dato), il chitarrista fluminense si fa amare ugualmente: per la sua leggerezza. E per l'impronta netta, il valore dei dettagli, l'esecuzione pulita. In Brasile, ormai, il nome di Irio De Paula dice abbastanza poco: tre decenni vissuti oltre oceano condannano all'oblio. Ma, in Italia, l'etichetta è ancora di pregio molto più che discreto: che il mulatto di Rio non dimentica mai di lucidare. Con concerti rigorosi e sapidi.Al Ramblas, De Paula si concede nella situazione che preferiamo. Quella più pura: chitarra e microfono. Anche se, gli appassionati più attenti lo ricorderanno, ultimamente ha spesso duettato con il giovane trombettista torinese Fabrizio Bosso, esibendosi anche in compagnia di Stefano Rossini e Giorgio Fontana (parliamo del progetto "Sambajazz", transitato nel 2004 anche da Martina Franca). Questa volta, peraltro, non usa neppure la voce: e, dalla scaletta, ad esempio, scompare un pezzo distribuito - in passato - sempre molto volentieri come «Rosa Morena». Ci sono, tuttavia le immortali «Ponteio» di Edu Lobo e "Odeon" di Ernesto Nazareth, «Canto de Ossanha», una versione molto personalizzata di «Asa Branca» di Luís Gonzaga, la jobiniana «Luíza», la buarquiana «Atrás da Porta», l'antica «A Baixa do Sapateiro» di Ary Barroso, l'intramontabile «Manhã de Carnaval» di Bonfá, «Menino Desce Daí» (un brano di Paulinho Nogueira che non gode di larga diffusione, a queste latitudini) e, come accennavamo, ripetuti omaggi alla musica brasiliana più nota in Italia («Tristeza», «Garota de Ipanema», «Aquarela do Brasil», «O Que Será» e «Wave»). Sopravvivono, piuttosto (e ci piace sottolinearlo), l'abitudine di impossessarsi delle note altrui e di centrifugarle in un tappeto sonoro molto personale e, a volte, dichiaratamente confidenziale; quel gusto di divagare attorno al tema centrale, puntualmente ripagato con ricami e arabeschi, attinti dal bagaglio dell'antica e premiata scuola della bossa nova. E, ovviamente, sostenuti fortemente dalla sua propria abilità. Quella che ci spinge, ogni volta, a tornare ad ascoltarlo, appene se ne presenta l'occasione. Quella che continua a scolpire la meraviglia in chi, Irio De Paula, l'ha solo sentito nominare o lo conosce appena. E che, immediatamente dopo, si lascia catturare da una chitarra suadente e dal profumo del suo Brasile lontano, vicino, antico ed attuale. Perché la qualità non è mai un'opinione.

Irio De Paula (chitarra)

Taranto, Ramblas Musiclub

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)