venerdì 12 gennaio 2007

Sulle tracce del maestro

Il Maestro stimola ancora: musicisti di qualsiasi latitudine e di estrazioni persino differenti. Il Maestro incoraggia ancora: produzioni nuove con il marchio dell’usato di qualità. Il Maestro è ancora nell’anima della musica e di chi la gestisce e la interpreta. Probabilmente perché l’innovazione, negli anni sessanta, è passata tra le tastiere del suo pianoforte. E, con l’innovazione, la rivoluzione musicale, almeno nel suo Paese. Anche se da queste parti, al di qua dell’Oceano, non lo sospettiamo neppure. E di lui abbiamo sempre sentito parlare, più o meno confusamente, distratti dai tanti luoghi comuni che governano i discorsi spesi attorno al Brasile. Il Maestro è ancora moderno, geniale, intrigante. Anche se ci ha lasciati da un po’. Probabilmente perché la qualità (e la commerciabilità della musica) non deve (e non può) necessariamente transitare dagli Stati Uniti. Dove pure il Maestro ha vissuto gli anni migliori del proprio sviluppo artistico. E dove il dollaro aveva (e mantiene) un sapore che il cruzeiro prima, il cruzado poi e, infine, il real non hanno mai posseduto. E, probabilmente, anche perché la musica brasiliana (tutta, non solo la bossa nova) dispone di una propria duttilità e di una propria personalità che il mondo fatica a riconoscerle definitivamente ed ufficialmente. Personalità e duttilità che, di fatto, però, esistono da sempre. E resistono. Assorbendo continuamente gli altrui interessi. Il Maestro è António Carlos Jobim, che al di sotto dell’Equatore si sono abituati a chiamare con affetto Tom. E i suoi spartiti pulsano sempre forte. Anche nella remota terra di Puglia, dove una giovane signora innamorata di certe sonorità (Paola Arnesano) gli ha dedicato un album intero di cover, alcune delle quali nemmeno troppo famose e, quindi, deprezzate dall’usura. Un cd, peraltro, uscito da un anno (mese più, mese meno) per l’etichetta YVP Music, generato con la complicità del chitarrista Guido di Leone, del contrabbassista Giuseppe Bassi, del batterista Enzo Zirilli e del sassofonista olandese Barend Middelhoff (sempre più presente sui palcoscenici di casa nostra), ma mai massicciamente presentato prima di adesso. Questione di tempo (che manca), evidentemente. E dei giochi di date, che non convergono mai. Eppure, non è mai troppo tardi. Come dimostrato nel vociare incalzante e sovrano del Taylor’s Coffes Blues di Bitritto, a pochissimi chilometri da Bari, nel corso di un live che precede le repliche di Taranto e Barletta. Parlare del Maestro è parlare dei sentimenti e di quel meraviglioso caleidoscopio di umori che è il Brasile. E, parlando di Jobim (è la traduzione del titolo del lavoro discografico, «Falando de Jobim», appunto) si ripercorrono momenti importanti della canzone brasiliana: è il caso di “Chovendo na Roseira”, a suo tempo delegato alle cure di Elis Regina e non di una vocalist qualunque. Oppure di “Outra Vez”, composta dal Maestro e storicamente utilizzato dall’intimo antagonista João Gilberto (i due, è noto, aprivano assai spesso accese risse verbali dovute ai metodi differenti di lavoro, sino a lacerare un rapporto sempre difficile, puntualmente ricucito dall’impresario Aloysio De Oliveira: e questa è storia). Oppure, ancora, di “Falando de Amor” e, soprattutto, della premiatissima (parliamo di vendite, ovvio) “Estrada do Sol”, interpretata in Brasile da chiunque o quasi. Senza dimenticarsi, comunque, di cogliere l’occasione per impossessarsi di brani meno sfruttati (“Caminhos Cruzados”, “Por Causa de Você”, “Esperança Perdida”, “Você Vai Ver”, “O Grande Amor”, “Só Tinha de Ser Com Você”, “Correnteza” ed altri ancora), almeno sul mercato italiano: rispondendo ad una precisa esigenza di Paola Arnesano, ormai abituata alle incursioni sudamericane («Falando de Jobim» è il terzo disco di un cammino parallelo alla produzione più propriamente jazzistica di una delle voci pugliesi più belle ed espressive). Paola Arnesano che, detto per inciso, asseconda il buon gusto e la logica, essendosi dedicata e dedicandosi ancora allo studio della lingua portoghese (e della pronuncia brasiliana): ingredienti necessari per non macchiare il prodotto musicale di superficialità. E che le hanno permesso, oltre tutto, di confezionare anche l’unica traccia originale del disco, “O Sol e a Lua”. Il tributo a Jobim, tuttavia, non ha voluto e non vuole apparire didascalico. Né rincorrere il mito. Preoccupandosi, piuttosto, di preservare (nel disco e nei concerti, non fa differenza) lo spirito jazzistico di una formazione composta da jazzisti (dal vivo, tuttavia, il tarantino Francesco Lomagistro rimpiazza Enzo Zirilli alla batteria). La scelta ponderata di non ricorrere al pianoforte, che era poi lo strumento di lavoro del Maestro, si spiega così. E così si spiega pure l’idea di puntare molto sulla ritmica e, ancora più pesantemente, sul sassofono di Middelhoff, senza del quale le date live non potrebbero concretizzarsi: ed ecco chiarite anche le difficoltà nel presentare adeguatamente il prodotto finito. Middelhoff, del resto, risiede a Bologna: l’Italia è lunga e le situazioni musicali si sovrappongono. Nel mare grande della musica da gustare, però, succede anche questo e occorre sapersi gestire (sul palcoscenico) e adattare (in platea). Pazientando, perché qualcosa accade, prima o poi. Almeno in questo angolo di periferia italiana, dove il fermento musicale cresce costante. E, se ci sono le idee (anche semplici e addirittura scontate, ma ben rifinite e sviluppate), si può sperare, cioè coltivare prospettive future. Alla fine (ci ripetiamo: ne siamo consapevoli) la qualità e i progetti producono la differenza. Senza l’obbligo di dover rivoltare la storia della musica.

Paola Arnesano (voce), Barend Middelhoff (sassofono), Guido Di Leone (chitarra), Giuseppe Bassi (contrabbasso) & Francesco Lomagistro (batteria) in "Falando de Jobim"
Bitritto (BA), Taylor’s Coffee Blues
Jazz Juice 2007

(pubblicato sul sito www.levignepiene.com)