giovedì 5 agosto 2010

Kapedani, pianismo balcanico dagli orizzonti vasti


Il mondo è sempre più piccolo, raccolto. E le sue impronte ritmiche sembrano riassumersi e fondersi tra le tastiere di Markelian Kapedani, trentottenne che arriva dalle tradizioni sonore di un’Albania ancora ancestrale e che, ormai, si esprime compiutamente in italiano. Pianista forbito, Kapedani: uno che possiede doti intuitive e compositive. Che miscela tecnica e orizzonti vasti. Che divaga tra spartiti, ad un primo ascolto, impegnati. Eruditi, persino. Ma che, in realtà, attinge ad un ventaglio vasto di proposte dall’animo fortemente popolare. Proposte che rielabora e che ci restituisce con eleganza. Kapedani è uno di quegli artisti che, ultimamente, attirano tanto: anche e soprattutto perché il suo è un pianismo che viene definito contemporaneo. Che entra facilmente nel cuore del pubblico e della critica: e che, quindi, diventa di tendenza. Ma il talento è cristallino. Tutte argomentazioni che non sono sfuggite a Bass Culture, ovvero la mente organizzativa del Locus Festival, la rassegna locorotondese che, solitamente, si diverte a catturare questo genere di situazioni e che, difatti, si è chiusa proprio con il solo dell’artista di Scutari, esibitosi a queste latitudini per la prima volta in assoluto. L’arte di Kapedani, ovvio, è solidamente temprata da ritmi e dinamiche di provenienza balcanica. Lì ci sono le radici, lì sgomita l’ispirazione. Lì nasce il progetto che, poi, si allarga, si completa, si corrompe. Dentro c’è l’Albania da cui non ha saputo separarsi. E dentro ci sono i suoi primi studi musicali, forgiati dal padre Djon Kapedani, scomparso un anno fa, forse l’espressione più autorevole della musica popolare del proprio Paese. E lì ci sono i timbri di una certa scuola musicale, la passione e la conoscenza per certe danze, per certe sonorità. Che sconfinano, peraltro, in Bulgaria, in Grecia. Anche in Egitto. O a Cuba.
La circumnavigazione del globo è agile. Ma l’esibizione dal vivo è sempre molto densa. Markelian ha tocco, ma anche temperamento. Le sue linee espressive si concedono, per alcuni momenti, pure alle illusioni flamenche. Anche se, poi, la strada punta nuovamente sui Balcani e alle sue tradizioni ("Ortensia" è uno standard della sua terra, non può mancare). L’esibizione, tuttavia, va seguita attentamente: del resto, una certa freddezza melodica può renderla vagamente ostica alle orecchie meno allenate. Ma la pulizia d’esecuzione non può lasciare indifferenti. Come non lasciano indifferenti la fluidità pianistica e il lavoro ricerca speso sin qui. La qualità è anche questo. E’ innanzi tutto questo. Quelli del Locus, dunque, possono pubblicizzare tutta la loro soddisfazione: anche per il livello medio del cartellone, indiscutibilmente alto. Come gli altri anni. Anzi, forse di più.


Markelian Kapedani (pianoforte)
Locorotondo (BA), piazza Convertini
Locus Festival 2010