sabato 25 aprile 2009

Tecnica e sentimento

L’artista, di fronte al pubblico, è schietto e diretto. Di solida comunicazione, diremmo. E l’approccio al pubblico è semplice, genuino. La sua chitarra, invece, è persino esuberante. Ricca: di suoni, di accordi, di tonalità. Perché gioca sulla tecnica. E sui colori. Tecnica, certo: moltissima tecnica. Ma anche sentimento. Cioè piacere puro di offrirsi. Franco Morone, frentano di Lanciano, quattro anni dopo bussa nuovamente alla porta della Saletta della Cultura di Novoli, casa tradizionale della rassegna Tele e Ragnatele, longeva creatura di Mario Ventura, uno che ama tanto la musica e poco i confini culturali e musicali, pescando spesso e volentieri nel mare della canzone alternativa o di nicchia. E che, per questo, merita robusti tributi di stima.
Il progetto del concerto proposto da Morone è semplice: al centro c’è la chitarra, la passione per lo strumento, l’immediatezza del messaggio. Attorno, c’è la musica: tradizionale o blues, raccolta oppure originale, non importa. L’essenziale, dice, è che sia piacevole. Da ascoltare o da eseguire. Il percorso non possiede punti di riferimenti geografici. Il sipario si apre nella provincia padana, tra Parma e Piacenza. Lo spartito antico dedicato ai calderai (“Bigordino”), poi, conduce a Gallipoli, dove gli uomini di mare osservano il tramonto dagli scogli. E, quindi, ai piedi della Majella, oppure nelle campagne umbre e toscane (“Giovanottina” è una tarantella di quelle contrade), oppure – ancora – a Napoli. «Amo molto la musica popolare italiana. Che molti musicisti, peraltro, hanno spesso dribblato, evitato. Anche se, ultimamente, qualcosa è cambiato, in questo senso. Ma io ho cominciato suonando blues e pure rock. Il rock dei Rolling Stones. Amando i Beatles. E anche Keith Jarret. E mi sono avvicinato al jazz. Però, è il blues il mio primo vero amore. Il blues e, in generale, la musica tradizionale degli States. Del resto, la chitarra è l’ideale, per suonarla». E l’amore di un tempo è duro da dimenticare.
Morone suona (“Summer Time”, ad esempio) e parla di folk process, cioè della musica trasmessa oralmente da generazione in generazione, quella che si modifica nel tempo. O del fingerpicking, oppure dell’italian fingerstyle guitar, materie in cui può legittimamente distribuire anche consigli: basti ricordare i diversi manuali confezionati per gli esecutori di blues, regolarmente in commercio. Songs We Love, invece, è la sua ultima fatica discografica. Divisa equamente con Raffaella Luna, torinese dai lineamenti eleganti, voce matura e coraggiosa, compagna di vita e di avventura. Il duo attraversa l’album, riproponendo una ninna nanna di Barbara Higbie, “All the Diamonds” e “Plaisir d’Amour”, dirottando poi per “Crazy Bases”, uno swing. Senza dimenticare The Road To Lisdoonvarna, il penultimo cd prodotto. Non tutto, ma di tutto. Perché la musica non gradisce frontiere. E neppure vincoli. Il percorso, però, sta finendo. E occorre tornare. Tornare a casa: con una tarantella frentana, magari. Gli ultimi accordi, le ultime immagini, le ultime emozioni: Franco Morone saluta e va. C’è un seminario che lo attende il giorno dopo, a Santeramo. E, fa capire, è questo il senso: suonare, confrontarsi, spiegare.

Franco Morone (chitarra) & Raffaella Luna (voce)
Novoli (LE), Saletta della Cultura "Gregorio Vetrugno"
Tele e Ragnatele 2009

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)