venerdì 9 marzo 2012

Kusminac, quando le note corrono più del nome


Nome e origini sono spudoratamente serbe. Ma l'artista e il prodotto musicale dichiaratamente italiani. Italianissimi. Goran Kuzminac arriva (molto giovane) da Zemun, ma si forma tra il Trentino e il Veneto, passando anche per le contrade d'Austria. E, abbastanza presto, decide di tentare la strada del cantautorato, malgrado la laurea in medicina: gli anni settanta e il profumo del piombo stanno scivolando via e la decade nuova non promette molto di buono. Però, le parole non mancano. E la verve intellettuale riesce ancora a germogliare, tra le Alpi e il Mediterraneo. Molto più di oggi. Il ragazzo di allora, che oggi è un cinquantanovenne brillante, si affaccia alle prime sfide televisive, nei mangianastri, nelle frequenze radio di un Paese già debilitato dalla storia, ma ancora sostanzialmente credibile. Il cognome, tuttavia, è ostico. E le sue canzoni non sono politicizzate. Ballate placide, intrise di illusioni e fotografie di diffusa tenerezza, talvolta. La sua notorietà cresce, ma non deborda. Non è De Gregori, non è De Andrè. E neppure Dalla. Con il quale, pure, collabora. Prestandosi, peraltro, ad interagire con Ivan Graziani ed Angelo Branduardi, per rischiare un altro paio di figure di peso. Resta, allora, l'autore di nicchia che è: una condizione che, adesso, non sembra neanche disturbarlo. Consapevole com'è della realtà («Quanti di voi mi conoscono»?).
Eppure, anche nel live di Fragagnano, qualche sua creazione ricorda qualcosa, al pubblico più largo. Arrivano, come spesso accade, prima le note. E poi le generalità di chi le ha messe assieme. Cioè, un signore arguto che tiene bene il palco, con cortesia, ma senza formalità. Il tono è di quelli colloquiali, stretti, sinceri. E anche l'atmosfera che si addensa attorno è quella giusta. Merito, anche, dell'Osteria Quattro Venti che, tra un momento e l'altro dedicato tradizionalmente al jazz, trova lo spazio per il cantautorato di emozioni. Che di questi tempi, in Italia, possiede meno angoli di una volta, schiacciato com'è da cover band, programmazioni dozzinali e recessione galoppante. Pure il format della serata, del resto, contribuisce. Chitarra (pizzicata, con il metodo fingerpicking) e voce: Kuzminac, preceduto da una breve esibizione del cantautore tarantino Leo Tenneriello, sembra uno di quei folksinger di quattro decenni addietro. Dagli accordi, sfilano studenti di Amburgo, bionde francesi, facce che si incontrano sul Mississippi, racconti semplici, un po' di goliardia, ricordi e vecchi successi. Sì, perchè spartiti come "Tempo" e "Stasera l'Aria E' Fresca" custodiscono ancora una propria dignitosissima collocazione nel panorama della canzone italiana.
«"Tempo" - racconta lui - è un testo nato per gioco o per caso, nel 1981. Non lo scrissi perchè finisse in un disco: era, in realtà, un omaggio personale ad una donna. Che piacque e che poi, con il passare dei mesi, io stesso ho imparato ad apprezzare di più. Scoprendo che non era poi così male come credevo in un primo momento. Era e resta una canzone piena di vita, divertente». Trentacinque anni di carriera. E non sentirli, si dice in casi come questo. Venati di ironia. «Sono passato direttamente dallo status di giovane promessa a quello di cantautore storico. Mi manca, però, il passaggio centrale, quello dell'autore ricco e famoso. Ma sono un idealista, non c'è nessuna major che mi protegge e mi spinge. E, se conoscono le mie canzoni e non il sottoscritto, non è un problema». Tra i ritagli di piccole quotidianità e incontri indelebili, spunta persino l'anima reggae e un omaggio a Graziani. Ma pure un tributo alla sua gente, ai musicisti di ieri, di ora, di sempre. «"Mercanti di Niente" è una canzone - spiega - che ci ricorda quanto le emozioni abitino nell'arte, quindi anche nella musica, ovvero nel lavoro e nel travaglio di chi la crea». Già. Ma raccontare questa storia si fa sempre più difficile. Nei piani alti, nel frattempo, le porte si chiudono.

Goran Kusminac (voce e chitarra)
Fragagnano (TA), Osteria Quattro Venti

giovedì 1 marzo 2012

Il nuovo tango di Puglia


Il tango, quello della tradizione, è sempre dentro. Ma, ormai, davanti si spalanca una strada diversa. Artisticamente più attraente. Che, intanto, sempre dal tango parte. Ma che, in realtà, risponde anche e soprattutto ad una necessità di rinnovamento, di rivisatazione, di composizione, di ramificazione: in altre situazioni stilistiche. Che, peraltro, arricchiscono, completano. Offrendo un orizzonte più ampio. Il nuovo percorso del Nuevo Tango Ensemble, già ufficialmente inaugurato con Tango Mediterraneo, è irrobustito da D'Impulso, il cd licenziato nell'estate del duemilaundici dall'etichetta tedesca Jazzhaus Records che Gianni Iorio (da Foggia, al bandoneón), Pierluigi Balducci (da Corato al basso) e Pasquale Stafano (da Stornarella, è il pianista) hanno presentato al pubblico dell'Associazione Amici della Musica "Orazio Fiume" di Monopoli. Assistiti, peraltro, da un guest di fama e pregio come il clarinettista Gabriele Mirabassi e dal batterista napoletano Pierluigi Villani.
D'Impulso è un progetto che, dicevamo, affiora dal tango: approdando al jazz e anche alla musica popolare, attraverso un disegno improvvisativo interessante e, innanzi tutto, in coda ad un impegno compositivo che lascia parecchio spazio al profilo melodico. Particolare che, in situazioni di questo tipo, non dimentica mai di catturare la platea. E', cioè, un bel disco che sfocia in un concerto puntellato di emozioni, di vibrazioni, di buon gusto, di eleganza naturale. Certo: chi, magari, attendeva i profumi immortali dei classici si è ritrovato un po' spiazzato: anche perchè la formazione nasce (nel millenovecentonovantanove) rielaborando e riarrangiando titoli più o meno unanimemente conosciuti. Spiazzato: ma non per questo deluso, immaginiamo. Perchè, così, ha finito per imbattersi in un repertorio solido, fresco, gravido di buone intuizioni e di ottime intenzioni. Proprio perchè il Nuevo Tango Ensemble punta, giustamente e segnatamente, sulla qualità dello spartito. Sdoganando, nella serata monopolitana, appena due brani non originali: "El Choclo" e la piazzollana "Oblívion", ovvero il bis che chiude il live consumatosi all'Auditorium di Canale 7.
«Il futuro del quartetto è la produzione originale. Questo è il cammino che i miei amici volevano intraprendere, da tempo: l'hanno fatto, già dal duemilaotto, con il lavoro precedente. E hanno fatto bene, ritengo. Perchè possiedono sensibilità, idee, talento»: Mirabassi, tra la consueta frequentazione dei palcoscenici della penisola e una full immersion in Sud America, benedice la scelta. «Alla quale sono felice di aver offerto il mio contributo. Solo esterno, nel caso di D'Impulso, perchè presto il mio modo di fare musica esclusivamente nelle esecuzioni dal vivo. In questo disco, infatti, non ci sono (nel precedente album, invece, sì. Mentre questa volta, in studio, l'ospite è altrettanto accattivante: Javier Girotto, ndr). Al di là di questo, i loro meriti sono cristallini: se non altro, perchè ad un certo punto hanno intuito che era il momento di saltare l'ostacolo, di fare da soli, di rischiare qualcosa in più. Di darsi delle coordinate diverse. Del resto, mi trovo spesso in Argentina, dove suono con alcuni artisti locali. E lì il nuovo tango è un'abitudine consolidata. Certo, per la gente d'oltre oceano è più semplice: vivono a stretto contatto con il tango, da sempre. E questo genere fa parte della loro cultura, del loro dna musicale. Ma è bene che, anche da noi, si cominci a ragionare in questo senso».

Nuevo Tango Ensemble (Gianni Iorio: bandoneón; Pasquale Stafano: pianoforte; Pierluigi Balducci: basso). Guest Gabriele Mirabassi (clarinetto) e Pierluigi Villani (batteria)
Monopoli (BA), Auditorium di Canale 7
Stagione Concertistica 2011/2012 dell'Associazione "Amici della Musica Orazio Fiume"