martedì 20 febbraio 2007

Tra realtà e finzione

I miracoli, pensandoci bene, non ci sono. Ma ci sono i sogni (repressi o tuttora perseguibili: dipende dalle contingenze o dalle angolazioni), i ricordi, le esperienze personali, le tendenze, le nevrosi e la creatività (dalla connotazione fortemente popolare) di due attori. Che cantanti, propriamente detti, non diventeranno mai. E che, forse, neppure pretendono di esserlo, in fondo. Ci sono il veneto Alessandro Haber e il lauriota Rocco Papaleo, che si caricano di nostalgie e aspirazioni, di pensieri e parole, di propositi buoni e licenze soavi. Giocando con il proprio passato (artistico e personale), con le proprie inclinazioni e le proprie debolezze; ironizzando su se stessi e su ciò che li circonda. Montando, nel frattempo, due percorsi idealmente paralleli che, tuttavia, finiscono per convergere, toccarsi, incrociarsi. E seguendo binari apparentemente diversi: quello della frivolezza e quello che persegue la profondità delle cose. Una profondità che, però, resta volutamente lontana, astratta. Magari perchè scavare intimorisce. Oppure è operazione sconveniente. E poi ci sono le canzoni. Equamente divise tra la voce più modulata e morbida di Papaleo e quella più imbastita e roca di Haber. Pezzi di produzione propria, leggeri e anche un po' trash (è il repertorio del primo) e cover squisite (firmate da Ivano Fossati, Vasco Rossi, Francesco De Gregori e Riccardo Cocciante, oppure già interpretate da Mia Martini o Don Backy: è il repertorio del secondo), centrifugate all'interno di uno spettacolo lieve che, talvolta, cerca i contenuti, senza insistere eccessivamente e - per questo - senza incombere. Cioè, senza stancare. Rivitalizzandosi, infine, della sua stessa goliardia e acquisendo distanze profonde da un impegno gravoso. Non c'è un motivo conduttore: i pensieri sparsi e le canzoni si distribuiscono senza aggrapparsi ad un rigido copione. Un copione perennemente in bilico tra realtà e finzione e molto più che vagamente autobiografico («Datemi un personaggio, non so stare fermo, della realtà non so che farmene», urla Haber). Dove convivono caoticamente la derisione dei luoghi comuni quotidiani (sulla famiglia, i valori, la politica, la sessualità) e l'apprezzamento haberiano per i testi di spessore superiore (invece di cantare, legge e interpreta le parole della fossatiana "Una Notte in Italia", proponendo più tardi "La Valigia dell'Attore", espressamente scritta per lui da De Gregori). Lo slalom tra le canzoni, è chiaro, non è un concerto («Parlare di concerto è fuorviante»: Papaleo sgombra immediatamente ogni rischio di equivoco) e lo spettacolo tutto non è propriamente teatro. Malgrado Haber indugi a ripercorrere la sua vita d'attore, esigenza di sempre e marchio distintivo della propria arte. Miracoli e canzoni, allora, è solo un gioco, oppure è semplicemente vita vissuta: nella realtà o nelle intenzioni. Oppure, ancora, è una ricerca di se stessi. E, magari, niente di tutto questo. Anzi, probabilmente è solo finzione. Ma il sospetto che, dentro la finzione si agiti molta realtà, resiste vigoroso. Miracoli e canzoni, chissà, è solo un sogno. Oppure un irrefrenabile bisogno.

Alessandro Haber (voce) & Rocco Papaleo (voce) in "Miracoli e Canzoni"
Taranto, Teatro Orfeo
Stagione di Prosa 06/07 del Teatro Pubblico Pugliese

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)