mercoledì 29 agosto 2012

Storie d'amore e di marea

Stesso garbo di sempre, stesso incrocio di note gentili e concetti di sostanza. La musica dei Fabularasa resta parte di quel cantautorato di casa nostra che si nutre di racconti e di idee. E che lascia un buon ricordo. Cinque anni dopo En Plein Air, l'album d'esordio, ecco D'Amore e di Marea, la seconda produzione, firmata Radar Music e distribuita da Egea. Il disco è di uscita recente (maggio): ma la proposta dal vivo comincia ad affacciarsi. Oltre regione (Ancona, Sesto San Giovanni) e in Puglia (l'ultima data a Mola, nel Gazebo Dal Canonico, struttura ricettiva immersa nelle campagne di San Materno). Dove il quartetto barese (il paroliere, l'ispiratore e il band leader Luca Basso, che è pure la voce del gruppo; il bassista Poldo Sebastiani, il chitarrista Vito Ottolino e il batterista Giuseppe Berlen) divide il palco con un guest di assoluto prestigio e di riconosciuta sensibilità musicale come il clarinettista Gabriele Mirabassi, che poi ha condiviso la stesura del progetto anche in fase di registrazione. Anche se, nel registro degli ospiti dell'album, troviamo anche altri nomi: Paul McCandless, signore dei fiati degli Oregon, e la genovese Giua, compositrice e vocalist di versatile talento, il trombettista Giorgio Distante, Fabrizio Piepoli (voce), Maurizio Lampugnani (percussioni) e Gianni vancheri (al bouzouki).
D'Amore e di Marea, di fatto, insegue e completa En Plein Air. Sarà per quelle composizioni sincopate e spesso solari o per quell'abitudine di allacciare solidi rapporti con la scrittura che rifugge dalle ovvietà. O, come suggeriscono gli stessi Fabularasa, per quella musica fatta a mano, artigianalmente: che possiede un fascino proprio. Al di là del fatto che, proprio la presenza di Mirabassi, finisce per costituire un accrescimento sostanziale ad un profilo musicale già delineato e consolidato nel tempo. «Inseguivamo Mirabassi - confessa Luca Basso - da parecchio tempo. In realtà, però, le nostre strade si sono incrociate solo adesso: prima in studio e ora pure dal vivo. La data di Mola è stata, in pratica, la seconda che abbiamo vissuto assieme». Ma D'Amore e di Marea, oltre che d'incontri, parla soprattutto di storie: «Sì, perchè le storie ci piacciono. Come quella di quel giovane contadino pugliese che scrisse al suo datore di lavoro una lettera, in cui motivava il rifiuto ad accettare un dono di Natale, che i suoi compagni di fatica non avrebbero probabilmente capito o digerito. Quel contadino era Giuseppe Di Vittorio, la canzone si chiama "Il Regalo" e ci fa riflettere sull'onore, sulla dignità, sulla coscienza. E una storia di fantasia è pure quella che, in "Serenata della Controra", ci porta la figura di quell'innamorato un po' imbranato che va a proporsi a lei non di sera, ma durante il sonno del pomeriggio».
E storie, dopo tutto, sono quelle punteggiano i testi di "Aria", di "L'Oro del Mondo" (dedicata a chi condivide, incompreso, l'amore per la musica), di "Maiorana si Imbarca sul Postale", di "Leggero", di "Fiorile" e "Il Campo dei Girasoli" (entrambi riproposti per l'occasione, ma estrapolati dal primo lavoro discografico). Fa niente, poi, se l'atmosfera intima dell'appuntamento dal vivo si scontra con i problemi conviviali, con l'amplificazione che fatica ad allinearsi e con il vociare deciso dei bimbi effervescenti dislocati, diciamo così, in platea. Dove, comunque, non sfugge il coinvolgimento emotivo, che va al di là della professione e della professionalità, di Mirabassi: che si ritaglia, peraltro, anche un momento tutto suo, estraendo dal proprio bagaglio personale un brano di Caximbinha, uno degli eroi dello choro che, in Italia, nessuno o quasi avrà mai sentito nominare. Finendo, così, per impreziosire un percorso sonoro che si assesta attorno ai suoi racconti preziosi, piccole fotografie di una quotidianità che stentiamo a riconoscere. O a ricordare.

Fabularasa (Luca Basso: voce; Vto Ottolino: chitarre; Poldo Sebastiani: basso; Giuseppe Berlen: batteria) in "D'Amore e di Marea". Guest Gabriele Mirabassi (clarinetto)
Mola di Bari (BA), Gazebo Dal Canonico

mercoledì 15 agosto 2012

Branduardi, il menestrello ricercato

L'estate di Montalbano, una delle frazioni di Fasano, è anche il Folk Fest, balcone ormai abbastanza apprezzato sulla musica meno rassegnata. Che, ogni anno, tra un appuntamento e l'altro, inserisce una data di prestigio, in cui cantautorato e musica popolare si corteggiano. Questa volta, l'associazione A Sud inserisce in cartellone Angelo Branduardi, menestrello moderno ultimamente più abituato ai palcoscenici di un teatro, piuttosto che a quelli di un palasport o di una piazza, ma sempre felicemente disteso tra note eteree, orizzonti epici, fiabe, fantasie, ambientazioni gotiche e spiritualità. Anche se la sua produzione più recente comincia a caricarsi di venature più funkeggianti: che, probabilmente, l'esecuzione dal vivo finisce per amplificare. Però, è sempre un bel sentire: per la raffinatezza inattaccabile e l'incrollabile originalità delle sue composizioni, vecchie e nuove, per quella creatività sempre fluente, per quella ricercatezza narrativa che seduce, ma non pesa. E, ovviamente, anche per quel taglio musicale inconfondibile, che non rischia mai di apparentarlo con qualsiasi altro autore di casa nostra.
Già, la musica. Anzi, il suono. «Che poi - rivela - è il comun denominatore della nostra storia. Una storia di secoli che cerco di riassumere in pochi minuti. Quel suono da cui nasce tutto. Perchè anche il verbo di Dio va inteso come suono, prima ancora che come parola. Perchè il suono è presso Dio. Cioè, il suono è Dio. Quel suono cupo che prende forma nel nulla, dal nulla. Le prime creature, del resto, sono luce e suono. Dal quale arriva la musica, che è energia vitale, ovvero il miglior antidoto dell'uomo contro la paura della morte». La musica di questo signore garbato e colto (parliamo di cultura della vita, delle cose) si muove, peraltro, tra le corde vocali e quelle del violino, che una certa annedottica ritiene lo strumento del diavolo, come lo stesso Branduardi ricorda con un pizzico di vanità («E questa mi sembra una cosa ragionevole. Ma il violino è anche il compagno più aristocratico»).
La chitarra, invece, spunta molto più tardi, al tramonto del live. Che si inaugura con un le parole di speranza di "Si Può Fare", aprendo poi una finestra sull'esperanto di un artista che possiede il dono di sdoganare con naturalezza la genialità e, infine, sull'ultimo lavoro discografico, Camminando Camminando 2. «Non soffro, come tanti altri musicisti, del difetto di non riconoscere le mie composizioni che hanno ottenuto più successo»: dalla scaletta, così, sgorgano più avanti "Il Denaro dei Nani", testo innervato di doppi sensi che gli ultimi anni del panorama politico italiano hanno sapientemente coltivato, "La Tempesta", "Ballo in Fa Diesis", "La Pulce d'Acqua", "La Fiera dell'Est". «Sono brani seminuovi, è usato garantito», chiosa divertito. Sùbito dopo aver ironizzato sui talent show e prima di dedicare alla platea accalcata su piazza della Libertà "La Donna della Sera", «una canzone d'amore, una delle poche ho scritto, poggiata su un testo particolare e, sotto certi aspetti, ardito. Tanto che un paio di giornaliste, tempo fa, mi definirono macho. Magari. Questo, giusto per dimostrare che anch'io scrivo testi passionali. Ma sono andato dall'andrologo, non vi preoccupate».

Angelo Branduardi (voce, violino e chitarra) in concerto, con Leonardo Pieri (tastiere, piano, fisarmonica e programmazioni), Michele Ascolese (chitarre e bouzouki), Stefano Olivato (basso, contrabbasso e armonica), Davide Ragazzoni (batteria e percussoni)
Montalbano di Fasano (BR), Piazza della Libertà
Folk Fest 2012