martedì 21 settembre 2010

Giovanni Baglioni e la chitarra differente


Il cognome è un po’ ingombrante. Anche se, molto spesso (o quasi sempre), sui palcoscenici aiuta a carburare e a farsi spazio. Ma non a crescere, ovviamente. Facile pensare, perciò, che Giovanni Baglioni, figlio di Claudio, disponga di un passaporto buono per tutte le frontiere. E per tutte le situazioni. Invece, il ragazzo ha talento indelebile e tecnica finissima: e l’etichetta che si trascina non incide sul suo diritto di residenza nel panorama musicale di questo Paese. Di Claudio, peraltro, Giovanni non lascia ricordare molto, nonostante alcune esperienze dal vivo (le prime) si consumino proprio al fianco del padre. Innanzi tutto, perché non canta: deludendo, magari, quanti non lo conoscono e vanno incontro al concerto cercando assonanze. E poi perché il chitarrista romano ha scelto un percorso arduo, quello delle note di nicchia. Che, però, non gli impedisce di raccogliere, nel corso dei suoi concerti, estimatori fedeli.
Giovanni Baglioni, a volte, è debordante. Perché è uno di quelli che vive con lo strumento. E per lo strumento. Debordante, al limite del leziosismo. Che, piuttosto, chiameremmo studio maniacale della chitarra acustica. Perché maniacale appare, sin dai primi accordi, il lavoro speso sulle corde, negli anni, da questo ventottenne ricercatore di timbriche differenti. Debordante, certo: ma anche rigoroso. Pignolo, pure. E fantasioso: nella composizione e nell’ideazione. Nonché dotato di buone capacità comunicative con la platea: frutto copioso di personalità spiccata e buona padronanza di linguaggio. Che è tanta roba, di questi tempi. E non solo in ambito musicale. Ed è, innanzi tutto, chitarrista un po’ fuori dagli schemi. Probabilmente, perché il fingerpicking (arte di pizzicare la chitarra con le dita: ma la traduzione, presentata così, è riduttiva) non è per tutti.
Indubbiamente, il ragazzo si costruisce lo spettacolo da solo: non ha bisogno di altro, neppure di una loop station, per intenderci. O dell’elettronica. Riempie il silenzio con i suoni marcati della sua Martin, chitarra che diventa anche strumento da percussione. Quando si esibisce, incalza se stesso, non si placa mai. E pure la composizione è sufficientemente sostenibile, da tutti i tipi di orecchie: dettaglio non trascurabile. Idealmente, viene dalla musica di un californiano andato via molto presto, Michael Hedges, che non dimentica mai di citare e riverire. Permettendosi di riproporre almeno tre pezzi del maestro. Le altre composizioni (tra i diversi titoli, “Get Up!”, “Quando Cade una Stella”, “Sirena”, “Toro Seduto Ascendente Leone”, “Bijou”, “L’Insonne”, brano emerso quasi per caso, proprio in una notte difficile) sono produzione propria: la maggior parte delle quali integrano una raccolta di dieci tracce pubblicata già da tempo, Anima Meccanica, che è poi il titolo anche di un singolo, dedicato alle figure dei carillon o degli orologi a figure.
Artista differente, Giovanni Baglioni. Come, orgogliasemente, tiene a ribadire appena può. «Anche perché utilizzo accordature alternative e una maniera di espressione differente. Risvolti particolari che lasciano transitare chi esegue e chi ascolta in un universo non convenzionale». Esattamente l’obiettivo dichiarato del Tour Differente, concluso proprio a Cisternino, l’ultima di dodici tappe consumate in altrettanti borghi storici di tutta Italia. «Il mio obiettivo – spiega ancora Baglioni – non è solo quello di concatenare una serie di note. Le mie composizioni cercano soprattutto di raccontare una storia, pur senza servirsi delle parole. Sono convinto, del resto, che la musica debba trasportare la nostra mente in una dimensione parallela».
La chitarra virtuosa è fonte di energia, sempre. «Una volta, scrivendo un nuovo spartito, “Bloody Finger”, mi accorsi all’improvviso di essermi ferito ad un dito. Le corde della chitarra erano insanguinate. Mi sono sentito felice: era il segno che ero riuscito ad ottenere quello che volevo». Differente, determinato. Ossessionato dallo stile. Ma l’ossessione, talvolta, porta buoni risultati. «Avevo una passione. Meglio, un’ossessione: il cubo di Rubik. Nello stesso periodo, stavo lavorando ad una composizione che non riuscivo a chiudere. Mi sentivo vicino alla soluzione, ma non ci arrivavo. Poi, un giorno, dopo applicazione lunghissima, la risoluzione del caso: un accordo maggiore». Sì: perché, certe volte, basta un semplice accordo.

Giovanni Baglioni (chitarra acustica)
Cisternino (BR), piazza Garibaldi
Tour Differente 2010