venerdì 29 giugno 2012

Di Voce in Voce, nuovo look

Bari trova il suo contenitore logistico degli spettacoli all'aperto. E' il lungomare che accarezza la città vecchia, lambendo il porto. Piazzale Cristoforo Colombo è il nuovo crocevia delle note d'estate: da qui sono passati (o passeranno) la Festa dei Popoli, Bari in Jazz, live svincolati dall'etichetta di una manifestazione e altri appuntamenti ormai legati alla tradizione musicale del capoluogo e segnati da anni sulle agende degli appassionati. Non solo baresi, ovviamente. Come Di Voce in Voce, rassegna di nicchia (ancora oggi, malgrado la gratuità dell'evento e l'apertura ad una platea che, tuttavia, latita) e di contenuti non sempre dedicati ad un pubblico largo. Ma, piuttosto, a fruitori attenti, sensibili all'uso della parola e dei versi, oltre che alle tonalità speziate che, dai quattro angoli del mondo, attraversano il mare per trovare residenza in Puglia. Particolarità che, peraltro, la vecchia collocazione (l'auditorium della Vallisa: anche se, sino all'anno scorso, i live si concentravano in autunno) sembrava avvalorare, rafforzare. Ma l'esigenza sfrenata di spettacolo avanza sempre più speditamente, impietosa: a costo di costringere pure i concerti di maggior qualità alla globalizzazione culturale, allo struscio sotto il palco e alla birra che scorre vicina. E dovremo pur farcene una ragione, dimenticando l'intimità di un tempo. O quelle atmosfere sulle quali il cartellone ideato da Giuseppe De Trizio e dall'associazione Radicanto si è ispirato, appoggiato e alimentato nelle prime edizioni. Alle quali, onestamente, ci eravamo affezionati. E per le quali, alrettanto onestamente, proviamo già una solida nostalgia. Ma, del resto, le sponsorizzazioni aiutano a sopravvivere: e certi passi diventano obbligatori, a volte.
Quest'anno, poi, l'avvio della programmazione musicale coincide con gli Europei del pallone. E la prima delle due giornate in cui viene spalmato Di Voce in Voce si scontra addirittura con la seconda semifinale del torneo continentale. Quindi con l'Italia di Prandelli e la Germania di Loew. Praticamente, con la continuazione ideale di un'insostituibile storia calcistica. Risultato: la programmazione slitta di un'ora e mezza (si parte con la proiezione su maxischermo della partita) e si comprime nei tempi. Inevitabile, allora, che - tra agitazioni, distrazioni e residui di tifo - qualcosa si perda: in intensità e in delicatezza, innanzi tutto. Ma questo è. Però, la prima tranche della rassegna porta in dote la presentazione di due cd, di uscita freschissima: Arriva la Banda e Casa. Il primo, sottofirmato da Puglia Sounds, è la nuova proposta discografica dei Bandadriatica, formazione di impatto consolidato e dai balcanismi sempre robusti, modellati con la consueta digeribilità. La ciurma di Claudio Prima continua a spostarsi di porto in porto, tra scirocco e libeccio, grecale e tramontana, licenziando undici tracce alle quali, in sala di registrazione, collaborano tre tra le migliori voci del Salento: Cinzia Villani, Maria Mazzotta ed Enza Pagliara. Cover a parte ("Come Fanno i Marinai", omaggio a Lucio Dalla spuzzato di rebetiko: il gruppo salentino, evidentemente, ha anticipato sui tempi anche Capossela), la ricetta è quella solita: ai momenti di frenesia pure si alternano oasi di vero e proprio cantautorato, di sapido gusto popolare. Nell'esibizione dal vivo, tuttavia, viene a mancare il violoncello di Redi Hasa, ma non un paio di rifermenti a Maremoto, il fortunato lavoro precedente: di cui Arriva la Banda appare la naturale continuazione artistica.
Casa, invece, è l'ultimo album confezionato dai Radicanto, che raccoglie (e, contemporaneamente, rivisita) canti e composizioni della vasta area mediterranea, avvalendosi anche della voce e della verve di un vecchio amico come Raiz, ex leader degli Almamegretta, che così torna ad esibirsi con il gruppo fondato da Giuseppe De Trizio. L'esibizione si carica di volumi, si presenta con una veste decisamente più moderna, più elettrica. Raiz, sul palco, finisce per catturare molti spazi per sè e, probabilmente, le tonalità più tradizionali del gruppo finiscono per essere stravolte. Ma il percorso musicale resta ugualmente genuino e fantasioso. In chiusura, poi, Radicanto e Bandadriatica si ritrovano assieme sul palco dove, immediatamente dopo, vengono raggiunti dalla Sossio Band, che peraltro ha aperto il cartellone della prima serata. Le vigorose tonalità del settetto gravinese engono riassunte in "Muretti a Secco", un disco abbastanza recente in cui si incontrano ritmi serrati, ricorrenti commistioni musicali e testi terragni (in dialetto murgiano), ma anche socialmente impegnati, dove emergono il sassofono di Francesco Sossio e la voce della versatile Loredana Savino, che ricordiamo coinvolta pure in altre situazioni differenti (con l'ensemble vocale Le Nuvole, ad esempio).
E' di prestigio particolarmente alto, invece, l'ospite della serata conclusiva della rassegna: Francesco De Gregori accompagna Ambrogio Sparagna e la sua Orchestra Popolare Italiana dell'Auditorium del Parco della Musica. E' uno di quei casi in cui la musica popolare si fa musica d'autore. E viceversa. Le due anime si intrecciano agili, si completano. Sparagna dirige e puntella, De Gregori (più sciolto e comunicativo di altre occasioni dal vivo) piazza qualcosa del suo repertorio, scommettendo anche sulla produzione degli anni settanta ("Ipercarmela", "Santa Lucia"), senza dimenticare il decennio successivo. Dai versi musicati di Dante si finisce così a "Terra e Acqua", "La Ragazza e la Miniera", "Sotto le Stelle del Messico a Trapanar", a "Stelutis Alpinis" (che poi è un pezzo del patrimonio popolare rivisitato e rivalutato proprio dal cantautore romano) e alla più recente "Volavola". Oltre tutto, tra un brano e l'altro, spunta anche Raffaello Simeoni, uno che sa catturare l'attenzione, che viaggia sul filo delle emozioni. Con De Gregori, è logico, arriva anche la gente e il piazzale si riempie. Ma ci piace ricordare per l'eleganza i due momenti che precedono il clou: prima il quintetto di Maria Giaquinto si perde tra composizioni pugliesi, andaluse e sarde, rimescolando le frontiere e provando anche a riproporre la versione napoletana (di Teresa De Sio) di un brano scritto dal brasiliano Lenine e quella in reatino di "Ebla", del già citato Simeoni (e, quindi, dei Novalia). Quindi, immediatamente dopo, il gruppo formato da Francesco Piepoli (la sua voce è, contemporaneamente, punto di riferimento, guida e colonna portante del progetto) spazia tra ballate tradizionali irlandesi, britanniche e qualche autore degli anni settanta come John Martin. Il marchio di fabbrica di una rassegna come Di Voce in Voce nasce proprio qui, tra queste progettualità.

Di Voce in Voce 2012
Bari, Piazzale Cristoforo Colombo

28.06.2012

Sossio Band (Francesco Sossio: voce e fiati; Loredana Savino: voce; Pasquale Barberio: fisarmonica; Tommaso Colafiglio: chitarra; Gianfilippo Direnzo: basso acustico; Michele Marrulli: tamburi a cornice; Pino Basile: percussioni) in "Muretti a Secco";

Bandadriatica (Claudio Prima: voce ed organetto; Giuseppe Spedicato: basso; Emanuele Coluccia: sassofono; Andrea Perrone: tromba; Vincent Grasso: clarinetto; Gaetano Carrozzo: trombone; Ovidio Venturoso: batteria) in "Arriva la Banda";

Raiz (voce) & Radcanto (Giuseppe De Trizio: chitarra; Fabrizio piepoli: voce, basso e loop; Adolfo Lavolpe: chitarre e bouzouki; Giovanni Chiapparino: fisarmonica; Francesco De Palma: batteria) in "Casa"


29.06.2012

Maria Giaquinto Quintet (Maria Giaquinto: voce; Giuseppe De Trizio: chitarra; Adolfo lavolpe: chitarra elettrica e basso elettrico; Giovanni Chiapparino: fisarmonica; Francesco De Palma: batteria);

Fabrizio Piepoli Quartet (Fabrizio Piepoli: voce e chitarra; Adolfo Lavolpe: chitarra elettrica; Alessandro Pipino: Nord Sage; Francesco De Palma: batteria);

Francesco De Gregori (voce) & l' Orchestra Popolare Italiana dell'Auditorium del Parco della Musica diretta da Ambrogio Sparagna

lunedì 4 giugno 2012

Quindici anni di Fasano Jazz (e dintorni)




Quindici anni (e altrettanti cartelloni) sottintendono anche l'ingresso certificato nell'immaginario collettivo del popolo che ama e insegue la musica. E quindici edizioni di Fasano Jazz, in qualche maniera, significano parentela prossima con la tradizione. Non è neppure facile resistere e rinsaldare le fondamenta del progetto: oggi meno di ieri. Ma, alle amministrazioni comunali che si sono succedute, va dato atto e merito di aver creduto e di continuare a credere in quella che resta una delle manifestazioni più blindate della regione. E a Domenico De Mola, il suo direttore artistico, è giusto riconoscere l'ostinazione e la gelosa custodia del marchio. Nato, come suggerisce la sua ragione sociale, attorno al jazz. E, successivamente, allargatosi verso altri sapori. Soprattutto gli ultimi anni, del resto, hanno apertamente accarezzato tonalità più rockettare, abbracciando il mondo del progressive. Sfiorando, qua e là, anche il blues. Una ricetta, questa, che sembra appagare sempre più chi lavora dietro le quinte: come la programmazione del duemiladodici (Complanare Blues Band, Alex Carpani Band, Polaris Duo, Corrado Sgura Group, Fluido Rosa, Borstlap&Gatto, Area più Maria Pia De Vito), approntata in collaborazione con Le Nove Muse, conferma.
Dunque, a giugno, come ogni anno, l'estate pugliese delle note parte idealmente da questo appuntamento: dislocato, per l'occasione, tra il Portico delle Teresiane, il Cinetatro Kennedy e il Teatro Sociale. Dove, per la terza serata (le date, complessivamente, sono sei), sale sul palco Boris Savoldelli, acrobata vocale che fluttua tra il funky e il rock, il jazz e il pop. Seguito, più tardi, dal trobonista barese Gianluca Petrella e dal pianista Giovanni Guidi, coppia attinta dalla New Generation di Enrico Rava e sostanzialmente inattesa (la situazione, di fatto, sostituisce l'esibizione inizialmente prevista dell'indisposto Paolo Fresu e di Daniele Di Bonaventura). Savoldelli, peraltro, da Fasano Jazz ci è già passato, nel 2009. E, armandosi di canto e loop, si perde in una miriade di giochi vocali, dedicandosi alla propria passione: la sperimentazione. Niente basi preregistrate: solo il supporto di un duplicatore di suoni e talento. Con cui ci si può ironizzare anche sopra: «Avrei voluto fare musica con una vera e propria orchestra, ma il mio conto in banca l'ha sconsigliato. E così ho deciso di fare tutto da solo».
Il vocalist di Pisogne, in realtà, ci mette un po' di tutto. «Vengo definito un cantante di jazz, un'etichetta che mi onora molto. Ma, se per jazz si intende l'accezione più classica, non lo sono». In scaletta, tra un pezzo e un altro, spunta anche un tributo a Monk: ma non c'è spazio per gli standard (e la scelta, se ci consentite, è giusta). «Del resto, cerco di allontanarmi il più possibile da quello che è già stato eseguito e proposto da altri: soprattutto, per una forma di rispetto». Mezz'ora dispendiosa, vorticosa. Ma Savoldelli, in fine di serata, tornerà a cantare: affiancando in una suite di tre brani (più il bis) Petrella e Guidi. Che si inseriscono perfettamente nell'atmosfera della serata: perchè anche qui si ricorre massicciamente alla sperimentazione. Pianoforte e trombone si corteggiano, rincorrendosi in un gioco di ammiccamenti: ora sottili, ora scorbutici, ora più intimi. E, come accade in casi come questo, l'improvvisazione si ritaglia uno spazio tutto proprio, ampio: finendo con il modellare il live. Dove si scherza abbastanza. E si suona: molto.

Boris Savoldelli (voce e loop)

Giovanni Guidi (pianoforte) & Gianluca Petrella (trombone)

Fasano (BR), Teatro Sociale
Fasano Jazz 2012