domenica 11 novembre 2007

L'Otello tra le Gnostre

Va bene, ci sono le castagne. Calde, arrostite. E le noci. E poi le zuppe, gli involtini, il cinghiale e quanto una sagra - ben definita e molto ben divulgata - sa offrire. Novello compreso, ovviamente. Perché è quello che si festeggia a Noci, nel tradizionale appuntamento di «Bacco nelle Gnostre», tra vicoli e piazze del borgo antico. Va davvero tutto bene, ma serve anche il programma musicale di supporto. Ecco, allora, diverse location e differenti indirizzi sonori. E, tra le varie proposte, s'inserisce l'intervento di un amico antico, di un cantore fiero, di un ambasciatore di storie di ordinaria quotidianità meridionale: Otello Profazio da Rende, Calabria centrale, sud profondissimo, mastru cantaturi ancora fortemente motivato. E testimone di quella letteratura popolare che, a settantatre anni anni (ben trasportati), continua a ricercare nella provincia lontana e a proporre. Non rinunciando - è notizia fresca - a collaborazioni nuove, come quella appena saldata con un gruppo emergente di queste terre, la Banda Wagliò di Alberobello. Profazio - sia chiaro, però - è quello di sempre: dissacrante, ironico, sferzante, incisivo, tagliente. Governa il palco con l'autorevolezza dei saggi e la spavalderia dei più navigati. E intrattiene il pubblico verbosamente, tra gli accordi della chitarra e il retroterra che si spalanca dietro ogni canzone, ogni ballata. E' il Profazio paradossale di "Qua Si Campa d'Aria", singolo di un disco storico che ha venduto un milione di copie e forse anche di più, qualche tempo fa. Ed è il Profazio di "Filo di Seta", album recente di racconti piccanti, attinti qua e là, a costo di non poche fatiche e di richieste pressanti, direttamente alle fonti, scavalcando il pudore popolare delle donne di una volta. Ma attorno, è scontato, si agitano i canti del sud, di tutti i sud: della Puglia e della Lucania, dell'Abruzzo e della Calabria, delle Madonie e, perché no, dello spoletino, che proprio sud non è. Ma fa lo stesso. Dove il massimo comun divisore è la vita ardua, la terra amara, le piccole ricchezze: come l'asino (no, meglio: il ciuccio), più prezioso di una moglie o di un padre. La cui perdita è lutto vero, un lutto più stretto. Dove la cultura contadina è mito ed è realtà. E la realtà di oggi è quella di ieri. Basta ripercorrere brani datati, del primo dopoguerra: quando i più umili maledicevano le tasse e il governo. Ora il nemico possiede un nome più fine e si chiama pressione fiscale, eppure non è cambiato niente. Profazio è la passione e l'immediatezza di sempre. La busta di plastica che si trascina è un pozzo di dischi da passare in rassegna. C'è anche quello confezionato con le poesie di Ignazio Buttitta. Al suo fianco, due partner pugliesi: Davide Torrente al tamburello e Germano della Banda Wagliò alla fisarmonica. Il bicchiere (novello, sì) si svuota discreto. Proprio mentre transitano le ombre dei maestri del passato. Il concerto è soprattutto per loro, un tributo naturale. A chi ha edificato la storia della canzone popolare italiana, a chi ha attraversato il Paese tramandandone spicchi di tradizione, a chi ha contribuito a disegnare un'epoca. A chi non c'è più. «Rosa Balestreri è morta. Maria Carta è morta. Matteo Salvatore, il più grande, è morto. E io non mi sento tanto bene».

Otello Profazio (voce e chitarra), Davide Torrente (tamburello) & Germano della Banda Wagliò (fisarmonica)
Noci (BA), Piazza Garibaldi
Bacco nelle Gnostre 2007

(pubblicato dal sito www.levignepiene.com)