venerdì 25 luglio 2003

La nipote sensuale del poeta

Mariana è profondamente carioca. Nell'accento, nei gesti, nella sensualità. Mariana è voce da bossa. Mariana è minuta, gracile, mora ed espressiva. Mariana ricorda Gal Costa, ma di Gal non trascina né gli eccessi, né i barocchismi vocali. Però di Gal ne rievoca il timbro: non possente, ma languido. Mariana schizza dalla bossa nova, riattualizzandola. E riconsegnandola ad un panorama musicale che, è più di un'impressione, la sta soffocando e perdendo. Mariana è anche talento: va ascoltata con attenzione. Magari in un teatro, nell'intimità del silenzio. O in un club ovattato. Mariana è la nipote di Vinícius De Moraes, il poeta diplomatico. Ed è la figlia di Pedro ("Pedro, Meu Filho" è un poema commercializzato anche sul vinile da Vininha). Mariana, soprattutto, è un' interprete vera. Orgogliosa di un cognome ingombrante, ma sganciata dalla sua schiavitù. Mariana non è solo la nipote dello zio: è pure -innanzi tutto- un'artista con dignità e fascino propri. Quel cognome non la sospinge e non la comprime: Mariana cammina da sola tra le note e tra due compagni di viaggio, il chitarrista Sérgio Farias e il percussionista Silvano Michelino, di solare origine italiana. Mariana De Moraes attraversa l'estate italiana più brasiliana di sempre, guadagnandosi una nicchia tra Gil e Caetano, Bethânia e Chico César, Toquinho e João Gilberto. E scende in Puglia, nella notte giovane del Torre Regina Giovanna, antica stazione di posta immersa nelle campagne tra Brindisi e San Vito dei Normanni. Come Bethânia, si esibisce scalza, sotto una quercia. Meriterebbe un pubblico meno sfuggente, Mariana. Ma il luogo è un crocevia di incontri: si beve, si discute, si passeggia. L'atmosfera da discopub non gratifica, non solletica. Più in là, la pista si riempie e si balla con altre note. Il bar, poco distante, diffonde sonorità prediscotecali. Eppure, Mariana continua a sussurrare il suo Brasile. Al pubblico Mariana parla di samba, ma il prodotto è bossa certificata. Lo conferma una versione di "Você e Eu", di Carlos Lyra. Lo attestano due brani firmati da Vinícius per la pièce «Orfeu Negro». Lo asserisce un inciso mutuato dall'inossidabile "Manhã de Carnaval" di Luiz Bonfá. Lo spiegano gli spartiti che il De Moraes Trio propone, tra cui Juazeiro. Un'ora, però, passa spedita. Lasciando una sensazione piacevole: la sensazione di qualcosa che sembrava circoscritto alle evoluzioni degli autori del passato e che, invece, continua a soffiare, con garbo. Una sensazione, forse, respirata da pochi anacronisti: gli ascoltatori più attenti.

Maria De Moraes (voce), Sérgio Farias (chitarra) e Silvano Michelino (percussioni)

Apani di Brindisi, Torre Regina Giovanna

(pubblicato dal sito www.musibrasil.net)